Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/298

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libro decimo 283

     Circe uscì tosto con in man la verga,
E della stalla gl’infelici trasse,495
Che di porci novenni avean l’aspetto.
Tutti le stavan di rincontro; e Circe,
D’uno all’altro passando, un prezïoso
Sovra lor distendea benigno unguento.
Gli odiati peli, che la tazza infesta500
Produsse, a terra dalle membra loro
Cadevano; e ciascun più, che non era,
Grande apparve di corpo, e assai più fresco
D’etade in faccia, e di beltà più adorno.
Mi ravvisò ciascuno, ed afferrommi505
La destra; e un così tenero, e sì forte
Compianto si levò, che la magione
Ne risonava orrendamente, e punta
Sentiasi di pietà la stessa Maga.
     Ella, standomi al fianco, O sovrumano510
Di Laerte figliuol, provvido Ulisse,
Corri, diceami, alla tua nave, e in secco
La tira, e cela nelle cave grotte
Le ricchezze, e gli arnesi: indi a me torna,
E i diletti compagni adduci teco.515
     M’entrò il suo dir nell’alma. Al lido io corsi,
E i compagni trovai, che appo la nave
Di lagrime nutriansi, e di sospiri.