Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/311

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296 odissea

Cui nebbia, e bujo sempiterno involve.
Monti pel cielo stelleggiato, o scenda,20
Lo sfavillante d’ôr Sole non guarda
Quegl’infelici popoli, che trista
Circonda ognor pernizïosa notte.
     Addotto in su l’arena il buon naviglio,
E il montone, e la pecora sbarcati,25
Alla corrente dell’Oceano in riva
Camminavam, finchè venimmo ai lochi,
Che la Dea c’insegnò. Quivi per mano
Euriloco teneano e Perimede
Le due vittime; ed io, fuor tratto il brando,30
Scavai la fossa cubitale, e mele
Con vino, indi vin puro, e lucid’onda
Versaivi, a onor de’ trapassati, intorno,
E di bianche farine il tutto aspersi.
Poi degli estinti le debili teste35
Pregai, promisi lor, che nel mio tetto,
Entrato con la nave in porto appena,
Vacca infeconda, dell’armento fiore,
Lor sagrificherei, di doni il rogo
Rïempiendo; e che al sol Tiresia, e a parte,40
Immolerei nerissimo arïete,
Che della greggia mia pasca il più bello.
Fatte ai Mani le preci, ambo afferrai