Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/32

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libro primo 17

Forte ne’ dì futuri anco il tuo nome.
     Voci paterne son, non che benigne,
D’Ulisse il figlio ripigliava; ed io395
Guarderolle nel sen tutti i miei giorni.
Ma tu per fretta, che ti punga, tanto
Fermati almen, che in tepidetto bagno
Entri, e conforti la dolce alma, e lieto
Con un mio dono in man, torni alla nave:400
Don prezïoso per materia, ed arte,
Che sempre in mente mi ti serbi; dono
Non indegno d’un ospite, che piacque.
     No, di partir mi tarda, a lui rispose
L’occhicerulea Diva. Il bel presente405
Allor l’accetterò, che, questo mare
Rinavigando, per ripormi in Tafo,
T’offrirò un dono anch’io, che al tuo non ceda.
Così la Dea dagli occhi glauchi; e, forza
Infondendogli, e ardire, e a lui nel petto410
La per sé viva del suo padre imago
Ravvivando più ancora, alto levossi,
E veloce, com’aquila, disparve.
     Da maraviglia, poichè seco in mente
Ripetè il tutto, e s’avvisò del Nume,415
Telemaco fu preso: indi, già fatto
Di se stesso maggior, venne tra i Proci.