Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/320

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libro undecimo 305

A cittade non vien: colà non letti,
Non coltri, o strati sontuosi, o manti.245
Di vestimenta ignobili coverto
Dorme tra i servi al focolare il verno
Su la pallida cenere; e se torna
L’arida estate, o il verdeggiante autunno,
Lettucci umili di raccolte foglie250
Stesi a lui qua e là per la feconda
Sua vigna preme travagliato, e il duolo
Nutre piangendo la tua sorte: arrogi,
La vecchiezza increscevole, che il colse.
Non altrimenti de’ miei stanchi giorni255
Giunse il termine a me, cui non Diana,
Sagittaria infallibile, d’un sordo
Quadrello assalse, o di que’ morbi invase,
Che soglion trar delle consunte membra
L’anima fuor con odïosa tabe:260
Ma il desio di vederti, ma l’affanno
Della tua lontananza, ma i gentili
Modi, e costumi tuoi, nobile Ulisse,
La vita un dì sì dolce hannomi tolta.
     Io, pensando tra me, l’estinta madre265
Volea stringermi al sen: tre volte corsi,
Quale il mio cor mi sospingea, ver lei,
E tre volte m’usci fuor delle braccia,