Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/365

Da Wikisource.
350 odissea

E abbrostian tutti gl’intestini. Quindi,
Le cosce omai combuste, ed assaggiate470
Le interïora, tutto l’altro in pezzi
Fu messo, e infitto negli acuti spiedi.
E a me uscì delle ciglia il dolce sonno.
Sorsi, e alla nave in fretta io mi condussi.
Ma vicina del tutto ancor non m’era,475
Ch’io mi sentii dall’avvampate carni
Muovere incontro un odoroso vento,
E gridai, lamentando, ai Numi eterni:
O Giove padre, e voi, Dei sempre stanti,
Certo in un crudo, e fatal sonno voi480
Mi seppelliste, se doveasi intanto
Compier da cotestoro un tal misfatto.
     Nunzia non tarda dell’ucciso armento,
Lampezie al Sole andò di lungo peplo
Coperta. Il Sole, in grande ira montato,485
Si volse ai Numi, e, Giove, disse, e voi
Tutti, immortali Dei, paghino il fio
Del Laerziade Ulisse i rei compagni,
Che le giovenche trucidarmi osaro,
Della cui vista, o ch’io per la stellata490
Volta salissi, o discendessi, nuovo
Diletto ciascun dì prendea il mio core.
Colpa, e pena in lor sia d’una misura: