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LIBRO VIGESIMOTERZO.




     Stavansi tutti per l’oscura sala
Taciti, immoti, e nel diletto assorti.
Così al fine il silenzio Alcinoo ruppe:
Poichè alla mia venisti alta, e di rame
Solido, e liscio edificata casa,5
No, Ulisse, non cred’io che al tuo ritorno
L’onde t’agiteran, comunque afflitto
T’abbia sin qui co’ suoi decreti il fato.
Voi, tutti, che votar nel mio palagio
Del serbato ai più degni ardente vino10
Solete i nappi, ed ascoltare il vate,
L’animo a quel ch’io vi dichiaro, aprite.
Le vesti, e l’oro d’artificio miro,
E ogni altro don, che de’ Feaci i Capi
Recaro al forestier, l’arca polita15
Già nel suo grembo accolse. Or d’un treppiede
Anco, e d’un’urna il presentiam per testa.
Indi farem, che tutta in questi doni,