Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/404

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libro decimoterzo 23

Ella, ognor sospirando il tuo ritorno,
Ciascun di speme, e d’impromesse allatta,445
Manda messaggi a tutti, ed altro ha in core.
     Ah! dunque, le rispose il saggio Ulisse,
Me dell’Atride Agamennòn l’acerbo
Fato attendea nelle paterne case,
Se il tutto, inclita Dea, tu non m’aprivi.450
Ma tu la via, che a vendicarmi io prenda,
M’addita, e a me soccorri, e quell’audace
Spirto m’infondi, che accendeami, quando
Sfemmo di Troja le famose mura.
Mi starai tu del pari al fianco sempre?455
Io pugnar con trecento allor non temo.
     Sempre al fianco m’avrai, non m’uscirai,
La Dea riprese dalle glauche luci,
Di vista un sol momento in questa impresa.
Questi superbi, che le tue sostanze460
Mandano a male, imbratteran di sangue
L’immenso pavimento, e di cervella.
Ma io così vo’ trasformarti, Ulisse,
Che riconoscer non ti possa uom vivo.
Cotesta liscia, ed ancor fresca pelle,465
Che le membra flessibili ti cuopre,
Disseccherò, raggrinzerò: di biondo
Nulla ti rimarrà sovra la testa,