Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/416

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libro decimoquarto 35

Morto tu il dici per l’Atride. Io forse
Conobbilo. Il Saturnio, e gli altri Numi145
Sanno, s’io di lui visto alcuna posso
Contezza darti, io, che vagai cotanto.
     Vecchio, rispose Euméo d’uomini capo,
Pellegrin, che venisse oggi il ritorno
Del Rege a nunzïar, nè la sua donna150
Gli crederebbe, nè il diletto figlio.
Troppo usati a mentir son questi erranti,
Che mestieri han d’asilo. Un non ne giunge,
E alla Reina mia non si presenta,
Che false cose non favelli, o vane.155
Tutti ella accoglie con benigno aspetto,
Cento cose domanda, e dalle ciglia
Le cadono le lagrime: costume
Di donna, cui morì lo sposo altrove.
E chi m’accerta, che tu ancor, buon vecchio,160
Una favola a ordir non fossi pronto,
Dove tunica, e manto altri ti desse?
Ma i cani, io temo, ed i veloci augelli
Tutta dall’ossa gli staccâr la cute,
O i pesci il divoraro, e l’ossa ignude165
Giaccion sul lido nell’arena involte.
Così perio, lungo agli amici affanno
Lasciando, ed a me più, che, ovunque io vada,