Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/420

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libro decimoquarto 39

Gittate in pria le sorti, e me di scarsa
Provvigion consolaro, e d’umil tetto.245
Ma donna io tolsi di gran beni in moglie,
E a me solo il dovei; però ch’io vile
Non fui d’aspetto, nè fugace in guerra.
E benchè nulla oggi mi resti, e gli anni
M’opprimano, ed i guai, la messe, io credo,250
Può dalla paglia ravvisarsi ancora.
Forza tra l’armi, e ardir Marte, e Minerva
Sempre infusero a me, quando i migliori
Per gli agguati io scegliea contra i nemici;
O allor che primo, e senza mai la morte255
Dinanzi a me veder, nelle battaglie
Mi scagliava, e color, che dal mio brando
Si sottraeano, io raggiungea con l’asta.
Tal nella guerra io fui. Me della pace
Non dilettavan l’arti, o della casa260
Le molli cure, e della prole. Navi
Dilettavano, e pugne, e rilucenti
Dardi, e quadrelli acuti: amare, orrende
Cose per molti, a me soavi, e belle,
Come varj dell’uom sono i desiri.265
Prima, che la Greca oste Ilio cercasse,
Nove fïate io comandai sul mare
Contra gente straniera; e la fortuna