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LIBRO DECIMOQUINTO.




     Nell’ampia Lacedemone Minerva
Entrava intanto ad ammonir d’Ulisse
L’inclita prole, che di far ritorno
Alle patrie contrade era già tempo.
Trovollo, che giacea di Menelao5
Nell’atrio con Pisistrato. Ingombrava
Un molle sonno di Nestorre il figlio:
Ma l’Ulissíde, cui l’incerta sorte
Del caro padre fieramente turba,
Pensavane ad ognora, e invan per lui10
D’alto i balsami suoi spargea la notte.
     La Dea, che azzurri gli occhi in giro muove,
Appressollo, e, Telemaco, gli disse,
Non fa per te di rimanerti ancora
D’Itaca fuori, e lungi dall’altera15
Turba malnata degli arditi Proci,
Che, divisa tra lor la tua sostanza,
Divorinsi al fin tutto, e, non che vano,