Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/442

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libro decimoquinto 61

Doni nel cocchio, te presente, ponga;
E comandi alle femmine, che un pronto95
Conforto largo di serbate dapi
T’apprestin nella sala. È glorïoso
Del par, che utile, a te dell’infinita
Terra su i campi non passar digiuno.
Vuoi tu aggirarti per la Grecia, e l’Argo?100
Giungerò i miei destrieri, e alle diverse
Città ti condurrò: treppiede, o conca
Di bronzo, o due bene appajati muli,
O vaga d’oro effigïata tazza,
Ci donerà ciascuno, e senza doni105
Cittade non sarà, che ci accommiati.
     Telemaco a rincontro: Menelao,
Di Giove alunno, Condottier di genti,
Nel mio palagio, ove nessun, che il guardi,
Partendone, io lasciai, rieder mi giova,110
Acciocchè, mentre il padre indarno io cerco,
Tutti io non perda i suoi tesori, e miei.
     Udito questo, ad Elena, e alle fanti,
L’Atride comandò, s’apparecchiasse
Subita, e lauta mensa. Eteonéo,115
Che poco lungi dal suo Re dormia,
Sorto appena di letto, a lui sen venne;
E il foco suscitar, cuocer le carni,