Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/481

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Altro dirotti, e tu fedel conserva
Nel tuo petto ne fa. Sei tu mio figlio?320
Scorre per le tue vene il sangue mio?
Non oda alcun, ch’è in sua magione Ulisse;
E nè a Laerte pur, nè al fido Euméo,
Nè alla stessa Penelope, ne venga.
Noi soli spierem, tu, ed io, l’ingegno325
Dell’ancelle, e de’ servi; e vedrem noi,
Qual ci rispetti, e nel suo cuor ci tema,
O quale a me non guardi, e te non curi,
Benchè fuor dell’infanzia, e non da jeri.
     Padre, riprese il giovinetto illustre,330
Spero, che me conoscerai tra poco,
E ch’io nè ignavo ti parrò, nè folle.
Ma troppo utile a noi questa ricerca,
Credo, non fora; e ciò pesar ti stringo.
Vagar dovresti lungamente, e indarno,335
Visitando i lavori, e ciascun servo
Tentando; e intanto i Proci entro il palagio
Ogni sostanza tua struggon tranquilli.
Ben tastar puoi delle fantesche l’alma,
Qual colpevole sia, quale innocente:340
Ma de’ famigli a investigar pe’ campi
Soprastare io vorrei, se di vittoria
Segno ti diè l’Egidarmato Giove.