Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/498

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libro decimosettimo 117

Il bellicoso Menelao repente
Chiedeami, qual bisogno alla divina145
Sparta m’avesse addotto. Io non gli tacqui
Nulla, e l’Atride: Ohimè! d’un eroe dunque
Volean giacer nel letto uomini imbelli?
Siccome allor che malaccorta cerva,
I cerbiatti suoi teneri e lattanti150
Deposti in tana di leon feroce,
Cerca, pascendo, i gioghi erti, e l’erbose
Valli profonde; e quello alla sua cava
Riede frattanto, e cruda morte ai figli
Porta, e alla madre ancor: non altrimenti155
Porterà cruda morte ai Proci Ulisse.
Ed oh piacesse a Giove, a Febo, e a Palla,
Che qual si levò un dì contra l’altero
Filomelíde nella forte Lesbo,
E tra le lodi degli Achivi a terra160
Con mano invitta, lotteggiando, il pose,
Tal costoro affrontasse! Amare nozze
Foran le loro, e la lor vita un punto.
Quanto alla tua domanda, il Re soggiunse,
Ciò raccontarti senza fraude intendo,165
Che un oracol verace, il marin vecchio
Proteo, svelommi. Asseverava il Nume,
Che molte e molte lagrime dagli occhi