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180 odissea

Stanza piegate le da te descritte
Vesti leggiadre, io nel purpureo manto320
La sfavillante d’òr fibbia gli affissi.
Or nè vederlo più, nè accorlo in questa
Sua dolce terra sperar posso. Ahi crudo
Destin ben fu, che alla malvagia Troja,
Nome abborrito, su per l’onda il trasse!325
     D’Ulisse, egli riprese, inclita donna,
Al bel corpo, che struggi, omai perdona,
Nè più volerti macerar nell’alma,
L’uom tuo piangendo. Non già ch’io ten biasmi:
Chè ognuna spento quell’uom piange, a cui330
Vergine si congiunse, e diede infanti,
Benchè diverso nel valor da Ulisse,
Che agli Dei somigliar canta la fama.
Ma resta dalle lagrime, e l’orecchio
Porgi al mio dir, che sarà vero, e intégro.335
Io de’ Tesproti tra la ricca gente,
Ch’ei vive, intesi, e già ritorna, e molti
Tesor, che qua e là raccolse, adduce.
È ver, che perdè il legno, e i suoi compagni,
Della Trinacria abbandonando i lidi,340
Per la giusta di Giove ira, e del Sole,
Di cui morto que’ folli avean l’armento.
Il mar, che tutti gl’inghiottì, sospinse