Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/568

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libro decimonono 187

Antiloco, tu stesso il nome or trova
Da imporre in fronte al grazïoso parto,495
Per cui stancasti co’ tuoi voti i Numi.
E prontamente Autolico in risposta:
Genero, e figlia mia, quel gl’imporrete
Nome, ch’io vi dirò. D’uomini, e donne
Su l’altrice di molti immensa terra500
Spavento io fui: dunque si chiami Ulisse.
Io poi, se, di bambin fatto garzone,
Nel superbo verrà materno albergo
Sovra il Parnaso, ove ho le mie ricchezze,
Doni gli porgerò, per cui più lieto505
Discenderà da me, che a me non salse.
A ricevere Ulisse andò tai doni,
E Autolico l’accolse, ed i suoi figli,
Con amiche parole, e aperte braccia;
E l’avola Anfitéa, strettolo al petto,510
Il capo, ed ambi gli baciò i begli occhi.
Ai figli il padre comandò, nè indarno,
La mensa: un bue di cinque anni menaro,
Lo scojâr, l’acconciâr, tutto il partiro;
E i brani, che ne fur con arte fatti,515
Negli schidoni infissero, e ugualmente
Li dispensâr, domi che gli ebbe il foco.
Così tutto quel dì d’ugual per tutti