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216 odissea

Da queste soglie con severi accenti.
     Disse, e Minerva inestinguibil riso420
Destò ne’ Proci, e ne travolse il senno.
Ma il riso era stranier su quelle guance:
Ma sanguigne inghiottian delle sgozzate
Bestie le carni; e poi dagli occhi a un tratto
Sgorgava loro un improvviso pianto,425
E di prevista disventura il duolo
Ne’ lor petti regnava. E qui levossi
Teocliméno, il gran profeta, e disse:
Ah miseri, che veggio? E qual v’incontra
Caso funesto? Al corpo intorno, intorno430
D’atra notte vi gira al capo un nembo.
Urlo fiero scoppiò; bagnansi i volti
D’involontarie lagrime; di sangue
Tingonsi le pareti, ed i bei palchi;
L’atrio s’empie, e il cortil d’Ombre, che in fretta435
Giù discendon nell’Erebo; disparve
Dal cielo il Sole, e degli aerei campi
Una densa caligine indonnossi.
     Tutti beffârsi del profeta, e queste
Voci Eurimaco sciolse: Il forestiero,440
Che qua venne testè non so da dove,
Vaneggia, io penso. Giovani, su via,
Mettetel fuori, acciocchè in piazza ei vada,