Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/610

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libro vigesimoprimo 229

La Regina impalmar: ma, come visto
Questo arnese abbia, e maneggiato, un’altra195
Chiederà dell’Achée peploaddobbate,
Nuzïali presenti a lei porgendo,
E a Penelope il fato uom, che di doni
Ricolmeralla, condurrà d’altronde.
     Così parlato, ei mise l’arco a terra,200
E all’incollate tavole polite
L’appoggiò della porta, e posò il dardo
Sul cerchio, che dell’arco il sommo ornava.
Quindi tornò al suo seggio. E Antinoo in tali
Voci proruppe: Qual molesto, acerbo205
Dalla chiostra de’ denti a te, Leode,
Detto sfuggì, che di furor m’infiamma?
A noi dunque sarà morte quest’arco?
Se tu curvar nol puoi, la madre incolpa,
Che d’archi uom non ti fece, e di saette:210
Ma gli altri Proci il curveranno, io penso.
     Disse, e al custode del caprino gregge
Questo precetto diè: Melanzio, accendi
Possente foco nella sala, e appresso
Vi poni seggio, che una pelle cuopra.215
Poi di bianco, e indurato adipe reca
Grande, ritonda massa, acciocchè s’unga
Per noi l’arco, e si scaldi, ed in tal guisa