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288 odissea

Precedeva, e Penelope, tenendo
Fiaccola in man: poi ritirossi anch’ella;370
E con pari vaghezza i due consorti
Del prisco letto rinnovaro i patti.
Telemaco non meno, ed i pastori,
Fatti i lor piè cessar dalla gioconda
Danza, e quei delle donne, al sonno in preda375
S’abbandonaro nell’oscura sala.
     Ma Penelope, e Ulisse un sovrumano
De’ mutui lor ragionamenti varj,
Che la notte copria, prendean diletto.
Ella narrava, quanto a lei di doglia380
Diè la vista de’ Proci, ed il trambusto,
In ch’era la magion, mentre, velando
La loro audacia dell’amor col manto,
Sempre a terra stendean pecora, o bue,
E dai capaci dogli il delicato385
Vino attigneano. D’altra parte Ulisse
Que’ mali, che in se stesso, o a gente avversa,
Sofferti avea pellegrinando, o inflitti,
Le raccontava: un non so che di dolce
L’anima ricercavale, ed a lei,390
Finch’ei per tutte andò le sue vicende,
Non abbassava le palpebre il sonno.
     Tolse a dir, come i Ciconi da prima