Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/696

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libro vigesimoquarto 315

E il vecchio Dolio dall’etade oppresso
Con amor grande governava. Ulisse495
Veduto, e ravvisatolo, restaro
Tutti in un piè di maraviglia colmi:
Ma ei con blande voci, O vecchio, disse,
Siedi alla mensa, e lo stupor deponi.
Buon tempo è già, che, desiando ai cibi500
Stender le nostre mani, e non volendo
Cominciar senza voi, cen rimanemmo.
     Dolio a tai detti con aperte braccia
Mosse dirittamente incontro a Ulisse,
E la man, che afferrò, baciògli al polso.505
Poi così gli dicea: Signor mio dolce,
S’è ver, che a noi, che di vederti brama
Più assai, che speme, chiudevam nel petto,
Te rimenaro al fin gli stessi Numi,
Vivi, gioisci, d’ogni dolce cosa510
Ti consolino i Dei. Ma dimmi il vero:
Sa la Regina per indizio certo,
Che ritornasti, o vuoi, che a rallegrarla
Di sì prospero evento un nunzio corra?
     Dolio, ripigliò Ulisse, la Regina515
Già il tutto sa. Perchè t’affanni tanto?
Il vecchio allor sovra un polito scanno
Prontamente sedè. Nè men di lui