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240 l’aja.

L’ultimo suo romanzo, intitolato Le avventure di Nicoletta Zevenster, nel quale, rappresentando magistralmente la società olandese del principio di questo secolo, ebbe l’inaudito ardimento di descrivere una casa innominabile dell’Aja, mise sossopra l’Olanda intera, fu commentato, discusso, vilipeso, levato a cielo; e la battaglia dura ancora. Altri romanzi storici, scrissero uno Schimmel, emulo degno del Van Lennep; e una signora Rosboon Toussaint, scrittrice coltissima, ricca di studi virili e d’ingegno profondo. Malgrado questo, il romanzo storico, anche in Olanda, si può considerar come morto. Miglior fortuna hanno il romanzo di costumi e la novella, nei quali primeggiano un Beets, ministro protestante e poeta, autore d’un libro celebre intitolato la Camera oscura, un Koetsveld, e alcuni giovani di bell’ingegno, a cui contende di levarsi in alto il demonio persecutore della letteratura del giorno: la fretta.

L’Olanda ha ancora un genere di romanzo suo proprio, che si potrebbe chiamare romanzo indiano, il quale ritrae i costumi e la vita dei popoli delle colonie; e di questo genere ne uscirono negli ultimi anni parecchi, che furono accolti con molto plauso nel paese, e tradotti in varie lingue; fra gli altri, il Bel mondo di Batavia, del professore Ten Brink, giovane, dotto e brillante scrittore, del quale vorrei poter parlare diffusamente per attestargli in qualche modo la mia gratitudine e la mia ammirazione. Ma a proposito di romanzi indiani, è bello il notare