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244 L'AJA.

nelle botteghe. In quel momento suonò il campanello della partenza. “Dunque addio,” dissi colla voce un po’ commossa, stringendo le mani a tutti “a rivederci; non dimenticherò mai i bei giorni passati all’Aja, riterrò sempre i loro nomi come la più cara memoria del mio viaggio, si ricordino qualche volta di me.” — “Addio,” risposero tutti collo stesso tuono di voce, come se ci fossimo dovuti rivedere il giorno dopo. Salii nel vagone col cuore stretto, m’affacciai al finestrino nel punto che partiva il treno, e li vidi tutti là immobili, muti, col viso impassibile, cogli occhi fissi nei miei. Feci un ultimo saluto, a cui risposero con un leggero cenno del capo, e disparvero ai miei occhi per sempre. Ogni volta che penso a loro, li rivedo, come se li avessi lasciati poc’anzi, in quello stesso atteggiamento, con quei volti gravi e quegli occhi fissi, e l’affetto che sento per essi ha qualche cosa di austero e di triste, come il cielo sotto cui li vidi per l’ultima volta.