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LEIDA. 253

rerli.Le acque s’avanzavano, l’esercito spagnuolo cominciava ad abbandonare i forti più bassi, gli abitanti di Leida salivano continuamente sulla torre ad osservare il mare ora sperando ora disperando; senza cessare di lavorare alle mura, di far sortite, di respingere assalti. Finalmente il principe d’Orange guarì, e gli apparecchi per la liberazione di Leida, che durante la sua malattia erano andati a rilento, furono ripresi con vigore. Il primo di settembre i Leidesi videro dall’alto della torre apparire sulle acque lontane i primi battelli olandesi. Era una piccola flotta, capitanata dall’ammiraglio Boisot, la quale portava ottocento zelandesi, uomini selvaggi, coperti di ferite, avvezzi al mare, spregiatori della vita, ferocissimi nelle battaglie, che avevano tutti una mezzaluna sopra il cappello coll’iscrizione: « Piuttosto turchi che papisti, » e formavano una falange d’aspetto strano e terribile, risoluta a salvar Leida o a morire nelle acque. I bastimenti s’avanzarono a cinque miglia dalla città, contro l’estrema diga, ch’era difesa dagli Spagnuoli. Si attaccò il combattimento, la diga fu assalita, conquistata, spezzata, il mare irruppe e i battelli olandesi passarono trionfalmente per le breccie. Era un gran passo; ma non era che il primo. Dietro quella diga, se ne stendeva un’altra. Si ricominciò la battaglia; anche la seconda diga fu conquistata e rotta, e la flotta andò innanzi. Tutt’a un tratto il vento si volge contrario, i battelli sono costretti a fermarsi; torna a soffiare in favore, e i battelli si