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318 AMSTERDAM.

sublime Ruisdael vi ha una scena d’inverno e una foresta piene dell’anima sua come dei suoi paesaggi suol dirsi; il Terburg v’ha il suo celebre Consiglio paterno; il Wouvermans dieci ammirabili quadri di caccie, di battaglie e di cavalli; il Potter, il Karel du Jardin, il Van Ostade, il Cuip, il Metzu, il Van de Verde, l’Everdingen vi sono rappresentati da parecchie delle migliori opere del loro pennello, delle quali sarebbe fatica sciupata il tentare di offrire un’immagine colla penna. E non è questo il solo Museo di Pittura della città di Amsterdam. Un museo lasciato alla città da un Van der Hoop, antico deputato alla Camera degli Stati, contiene quasi duecento quadri dei primi artisti olandesi e fiamminghi; ed oltre a questa, vi sono parecchie altre ricchissime gallerie private.

Ma il Museo della Ronda di notte e del Banchetto della guardia civica, com’è il primo a visitarsi, è anco quello nel quale gli stranieri, prima di partire da Amsterdam per la Nord-Olanda e la Frisia, dove non ci son più musei, vanno a dare un addio alla pittura olandese. In questo momento chiudo gli occhi, e mi par d’essere nella sala della Ronda e del Banchetto, il giorno che v’andai per l’ultima volta. Penso che fra poco lascierò, forse per non rivederle mai più, tutte queste meraviglie dell’ingegno umano, e questo pensiero mi rattrista. La pittura olandese non ha destato in me alcuna emozione profonda; nessun quadro m’ha fatto piangere; nessuna immagine m’ha levato in alto; nessun