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HELDER. 397

E i loro patimenti non erano ancora finiti! In quello stesso mese la neve cadde in tanta abbondanza, che la capanna rimase quasi sepolta, e dovettero uscirne ed entrarci per l’apertura del cammino. Col diminuire del freddo, ricomparvero gli orsi, e ricominciarono quindi i pericoli, le notti insonni, i combattimenti feroci. Scemava il loro vigore, e l’animo, per poco risollevato, ricadeva.

Avevano però ancora un filo di speranza. Non eran riusciti ad estrarre dal ghiaccio il loro bastimento, nè quando l’avessero estratto, avrebbero potuto riassettarlo in modo da renderlo servibile; ma avevano trascinato sulla riva una barca e una scialuppa, e a poco a poco, sempre difendendosi dagli orsi che si slanciavano fin sulla soglia della loro capanna, eran venuti a capo di ripararle alla meglio. Con questi due piccoli legni essi contavano di dirigersi verso uno dei piccoli porti della Russia, di rasentare cioè la riva settentrionale della nuova Zembla, costeggiare la Siberia e attraversare il Mar Bianco; di fare, insomma, un viaggio di almeno quattrocento miglia tedesche. In tutto il mese di marzo il tempo variabilissimo li tenne in una continua vicenda di speranze e di disinganni. Più di dieci volte videro il mare sgombro fino alla riva e si apparecchiarono alla partenza; ed altrettante volte una recrudescenza improvvisa di freddo riammontò ghiacci su ghiacci, e chiuse la via da ogni parte. Nel mese d’aprile i ghiacci furono immensi e continui. Nel mese di maggio riebbero il tempo incostante. Nel mese di giugno, finalmente, poterono