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rotterdam. 49

In alcune case, tra finestra e finestra sporge un lampione. Sotto le finestre, la porta di casa o d’una bottega. Se è una bottega, v’è sopra la porta o una testa di moro colla bocca spalancata, o una testa di turco che fa la smorfia: ora un elefante, ora un’oca: dove una testa di cavallo, dove una testa di toro, dove un serpente, dove una mezza luna, dove un mulino a vento, dove un braccio disteso che tiene in mano un oggetto diverso secondo il genere della bottega. Se è la porta di casa, — sempre chiusa, — v’è una lastra di ottone con su scritto il nome dell’inquilino, un’altra lastra con una buca per le lettere, una terza lastra sul muro col pomo del campanello; lastre, chiodi, serrature, tutto luccicante come l’oro. Dinanzi alla porta un ponticino di legno — perchè in molte case il piano terreno è assai più basso della strada; — e dinanzi al ponticino, due colonnette di pietra sormontate da due palle; altre colonnette sul davanti unite con catene di ferro, fatte di grossi anelli in forma di croci, di stelle, di poligoni; nel vuoto tra la strada e la casa, vasi di fiori; sulle finestre del pian terreno, nascoste in quel fosso, altri vasi e tendine. Nelle stradette appartate, poi, gabbie d’uccelli a destra e a sinistra delle finestre, cassette piene di verdura, panni appesi, biancheria distesa, mille colori, mille oggetti che sporgono e che dondolano, da parere una fiera universale.

Ma senza uscire dalla vecchia città, basta allontanarsi dal centro, per vedere a ogni passo qualcosa di nuovo.