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rotterdam. 51

Visi bianchi, visi pallidi, visi color di cacio parmigiano, capelli biondi, biondissimi, rossicci, giallastri, larghi visi sbarbati, barbe intorno al collo, occhi azzurri, chiari tanto da doverci cercar le pupille; donne tarchiate, grasse, rosee, lente, con cuffiette bianche, e orecchini in forma di cavaturaccioli: son le prime cose che osservai nella folla.

Ma la gente non era quello che per il momento stimolasse di più la mia curiosità. Attraversai l’Hoog-Straat, e mi trovai nella città nuova.

Qui non si sa più dire se è una città o un porto, se c’è più terra o più acqua, se c’è più bastimenti più case.

Sono lunghi e larghi canali che dividono la città in tante isole, unite per mezzo di ponti levatoi, di ponti giranti e di ponti di pietra. Dalle due parti di ogni canale si stendono due strade, fiancheggiate ciascuna da una fila d’alberi dalla parte dell’acqua e da una schiera di case dalla parte opposta. Tutti questi canali formano altrettanti porti abbastanza profondi da ricevere i più grandi bastimenti, e ogni canale n’è pieno da un capo all’altro, fuor che in un ristretto spazio nel mezzo che serve per l’entrata e per l’uscita. Par di vedere un’immensa flotta imprigionata in una città.

Quando vi giunsi era l’ora del maggior movimento; e io m’andai a piantare sul ponte più alto del crocicchio principale.

Si vedevano quattro canali, quattro foreste di bastimenti, fiancheggiate da otto file d’alberi; le