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rotterdam. 73

francese ferma in un corridoio ad ammirare i chiodi d’una porta che parevan tanti bottoni d’argento.

La mattina seguente appena levato, mi affacciai alla finestra, ch’era al secondo piano, e vedendo i tetti delle case dirimpetto, riconobbi, con meraviglia, che il Bismark era da scusarsi se aveva creduto di veder dei fantasmi sui tetti delle case di Rotterdam. Sulle rocche di cammino, in fatti, di tutte le case antiche, s’alzano dei tubi curvi o diritti, sovrapposti di traverso gli uni agli altri, incrociati e ricrociati in forma di braccia aperte, di forche, di corna smisurate, di atteggiamenti impossibili, da far pensare che abbiano un significato, che sian come un richiamo misterioso da casa a casa, e che di notte si debbano muovere con uno scopo.

Scesi nell’Hoog-Straat, era giorno di festa, si vedevano le poche botteghe aperte; ma nemmen quelle poche, mi dissero gli stessi Olandesi, si sarebbero viste non molti anni fa: l’osservanza del precetto religioso, ch’era rigorosissima, si comincia a rilassare. Vidi piuttosto un segno di festa nel vestire della gente, e specialmente degli uomini. Gli uomini, soprattutto delle classi inferiori (e osservai questo anche nelle altre città) hanno una manifesta simpatia per gli abiti neri, e li sfoggiano per lo più la domenica: cravatta nera, calzoni neri e certe palandrane nere che toccan quasi il ginocchio; costume che coll’andatura lenta e il viso grave, dà loro un’aria di sindaci di villag-