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del chiabrera 111

     E follía non parecchia,
     Pianger perchè si more,
     E non perchè s’invecchia!

IX

Minaccia di non voler più celebrare
la sua Diva.
.

Qual di tanto valore
     Note m’insegnerà Tessala maga,
     Filli, che di mia morte ognor più vaga
     Piegar ti possa il core?
5Core di selce alpestra,
     Fervido ad innasprir gli altrui tormenti,
     Con nuova crudeltate?
     Omai stanca è mia destra
     In sulla lira ad iterar gli accenti
     10Usi a svegliar pietate;
     Nè femminil beltate
     Spera pregio sembiante in Elicona,
     Se di quei vaghi fior tesse corona
     Per tuo gentil valore.
15Forse vivi rubini,
     O ricche pietre a te donar fui tardo
     De’ regni dell’Aurora?
     O perchè adorni i crini,
     Pianti di mirra preziosi, e nardo,
     20Che sì da lunge odora?
     Ah che a pregar men fora
     Infellonito il cor d’orsa selvaggia,
     O tigre ria, che in Mauritana piaggia
     Persegua il predatore!
25Filli, soverchio orgoglio
     Guasta beltate, ed a ragion si sdegna
     Chi sua ragion dispera;
     In sul mio gran cordoglio
     Ridi scherzando, e sulla pena indegna
     30Bramosa pur, che io pera:
     Filli, tua fama altera,
     Che cotanta fra noi chiarezza impetra,
     Se fa giusto dolor muta mia cetra,
     Fia tenebroso orrore.
35Orsù tua luce ascondi,
     O scarsa iniquamente al mio diletto,
     E sorda al mio lamento;
     Che crespi i crini e biondi,
     E caduchi ligustri d’un bel petto
     40Più celebrar mi pento.
     Sentomi dentro, sento
     Fuoco, che sorge, e che le fiamme spande,
     E vuol che al Cielo innalzi il mio sì grande,
     E sì real Signore.
45Ei d’Arno in su i bei regni
     Non si stanca a versar con regia mano
     Le grazie d’Amaltea;
     Ed a perversi ingegni
     Sordo a preghiere non dimostra invano
     50Il Tribunal d’Astrea:
     Orna l’Italia, e bea
     Con desïati onor d’alti Imenei,
     E beála con fulgor d’alti trofei
     Del crudo altrui furore.
55Dicanelo dolente
     Bona ed Algier, che l’Africana Teti
     Vide languire in pianti;
     Dicanelo Oriente,
     Che al veleggiare de’ spalmati abeti
     60Scolora i fier sembianti:
     Filli, per questi canti
     Cerchio d’allor m’adornerà le tempie:
     Nudri pur tu vaghezze acerbe ed empie,
     Nè cessar tuo rigore.
65Ma sciocchi miei pensieri,
     Che da caduca femminil bellezza
     Cerco giorni tranquilli!
     Quattro colmi bicchieri
     Dentro l’anima mia versan dolcezza,
     70Più che dugento Filli:
     Or chi sarà, che spilli
     Vin generoso oggi, che il verno agghiaccia?
     A chiaro favellar chiedo Vernaccia
     Dolcissimo licore.
75Quai di tanto valore
     Note m’insegnerà Tessala Maga,
     Filli, che di mia morte ognor più vaga
     Piegar ti possa il core?

X

AD OTTAVIO RINUCCINI

Dissuade l’Amore.

Rinuccini, il buon nocchiero,
     Che più volte ha tratto il legno
     Dal disdegno
     Di ria Tetide spumosa,
     5Rasserena il suo pensiero,
     E del mal sente conforto,
     Quando in porto
     Con salute ei si riposa;
     E la strada perigliosa,
     10Che sovente
     Lui cangiar fece l’aspetto,
     Mostra agli occhi della gente,
     Che d’udir prende diletto.
Io, che corsi in gran periglio
     15L’Oceän di Citerea,
     Mentre ardea
     Miei pensier vana bellezza;
     Tutto lieto a narrar piglio
     Di quei rischi oggi, che l’alma
     20Stassi in calma
     Dentro il sen della vecchiezza.
     Rinuccin, forse vaghezza,
     Che hai d’Amore,
     Farà gir mie voci al vento;
     25Ma pentir non è dolore,
     Là ’ve giova il pentimento.
Che fanciul grand’arco tenda,
     E di vel fasciato gli occhi,
     Indi scocchi
     30Ad ognor veneni e strali;
     Ch’ei gran face ognora accenda,
     E di fuoco empia suo regno,
     Non è segno,
     Ad udir, salvo di mali:
     35Deh! che sperano i mortali
     Dalle reti,
     Ch’empiamente egli dispiega?
     Forse attendono di lieti
     Dalle man di chi gli lega?