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del chiabrera 113

50Ma lasso, chi dico io? Feroce sdegno
     Non ha ragione in sè.
     Ella è pregio del Cielo, e per sostegno
     Al Mondo ei pur la diè.
     Duri in lui fortunata,
     55Duri in lui celebrata,
     E miei cordogli, Amor, si stian con me.

XII

Imeneo di Armida.

Poichè Amor fra l’erbe e i fiori,
     Tra dolcezze e lieti canti,
     Per temprar del cor gli ardori,
     Scorti avea gli accesi ardori,
     5Scorti avea gli accesi amanti
     Ne’ sembianti:
     Lieto anch’ei con lor s’asside
     Sull’erbetta, e scherza e ride.
Ride Amor, che il Garzon fiero
     10Agli scherzi intento mira,
     Che ammollito il cor guerriero,
     Tutto placido sospira,
     Che or s’adira,
     Poi fa tregua, e dolci paci,
     15Raddoppiando i vezzi e i baci.
Quell’ardor, che il cor gli strugge,
     Gli occhi accende e infiamma il viso,
     Del bel sen. le brine or sugge,
     Or la mira fiso fiso:
     20Riso a riso
     Giunge Amore, e fa che rida
     Seco ancor la bella Armida.
Ei, che armato infra le schiere
     Fulminava invitto e franco,
     25Fra’ diletti, fra il piacere
     Già languisce, e già vien manco.
     Vinto, e stanco
     Del bel sen la neve preme,
     E pian pian sospira e geme.
30La donzella con bel velo
     I sudor toglie alle gote;
     Di fresc’aura un grato gelo
     Desta Amor, che l’ate scuote;
     Dolci note
     35Tempra poi, quasi Sirena,
     Che cantando i sensi affrena.
Canta Amor: ben ratto a volo
     Spinge dardo arco possente,
     Ma vie più per l’alto polo
     40Sferza Apollo il carro ardente:
     Vedi spente
     Già nel mar le fiamme, che ora
     Rosseggiar facean l’Aurora.
Per mai più non far ritorno
     45Se ne van volando l’Ore,
     Quasi rosa in un sol giorno,
     Col Sol nasce, e col Sol more
     Il bel fiore
     Di verd’anni: in un momento
     50Un crin d’ôr si fa d’argento.
Cavalier, se tu non cogli
     Questi fior bianchi e vermigli,
     Fia che tempo, o morte spogli
     Il bel sen di rose e gigli.
     55Da’ perigli
     Di rio male s’assicura
     Chi goder sa sua ventura.
Qual destriero a suon di tromba
     Sorge Armida, e’l bel Garzone:
     60Fra colombo, e fra colomba
     Non fu mai simil tenzone,
     Par che suone
     L’aria intorno, e ’l cielo e i venti
     Al ferir de’ baci ardenti.

XIII

Pianto di Orfeo.

Numi d’abisso, numi
     Dell’infernal soggiorno,
     Ecco che a voi ritorno
     Con lagrimosi fiumi.
     5È ver, che a vostra legge
     Io poco intento attesi,
     E follemente errai,
     Ma non vi vilipesi,
     Fu sol che troppo amai:
     10Scusar suolsi l’errore,
     E non sopporsi a pena,
     Quando ad errar ci mena
     Grand’impeto d’amore.
E questo arcier supremo
     15È tra’ mortali in terra,
     Son noti i dardi suoi,
     E costaggiù sotterra
     Son noti anco fra voi.
E se fur miei lamenti
     20Da voi pur dianzi uditi,
     Oggi non sian scherniti,
     Che gli fo più dolenti
     Sul tenor tanto acerbo
     Di mia cruda ventura.
25Numi, deh il ripensate,
     E di mia vita oscura
     Costringavi pietate!
     In van per me s’attende
     Giorno di duol men forte,
     30Se l’amata Consorte
     Per voi non mi si rende.
Giammai tra’ lunghi affanni
     Il lagrimar non resta,
     Onde le guance inondo,
     35Ed ogni cosa è mesta
     Pur per quest’occhi al mondo.
Non ha seco sereno
     Febo s’esce dal mare,
     E se la notte appare
     40Non ha stellato il seno:
     In sul più vago Aprile
     Nembo di pioggia, o vento
     Fammi terribil verno:
     Pietà del mio tormento,
     45Pietà, numi d’Inferno.
Rive ombrose e selvagge,
     Deserte orride piagge,
     Solinghi alpestri monti,
     E voi torbidi fonti,
     50Rupi non giammai liete,
     Or per sempre accogliete