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del chiabrera 119

XXVIII

Piange il suo Amore.

Ecco riposta selva,
     Ove odïosa belva
     Spavento altrui non dà:
     Ecco fresca riviera,
     5Ove anitra ciancera
     A nuoto mai non va.
In così chiuso loco
     Vo’ cantar di quel foco,
     Che ardendo mi beò.
     10Il Sol degli occhi miei,
     I cui bei lampi rei
     Mai sempre io canterò.
Ma, lasso, con qual’arte
     Potrò cantare in parte
     15L’infinita beltà,
     Se Diva di Permesso,
     E se il gran Febo istesso
     Parte dir non ne sa?
O Filli amata, o Filli,
     20Che non giammai tranquilli
     Gli occhi rivolgi in me,
     Ove è la data fede?
     Dunque indarno mercede
     lo spererò da te?
25Ah mal disperso canto,
     Che in celebrar tuo vanto
     Fuor di mia bocca uscì!
     Filli quando mirai,
     Filli crudel, tuoi rai,
     30Fu ben funesto il dì!

XXIX

Conforta Clori a maritarsi.

Già tornano le chiome agli arboscelli,
     Che il verno dispogliò,
     Ed affrettasi il corso de’ ruscelli,
     Che il gelo raffrenò:
     5Già tra l’aure mattutine
     Stanno a guardia di ree spine
     Rugiadose
     L’alme rose,
     Che la bella Ciprigna insanguinò.
10Sgombrasi il folto vel de’ tristi venti,
     Che l’aria ricopri.
     E di zefiro bei fiati lucenti
     Accompagnano il dì:
     Dall’eccelse accese rote
     15Con ardor più non percote
     Alte fronti d’aspri monti
     Giove, che ’l mondo iniquo sbigottì.
Giovine pastorello in verde prato
     Fermo su’ piè non sta,
     20Mena dolci carole arso infocato
     A’ rai d’alta beltà;
     Pur sappiam, che quinci a poco
     Più fra noi non avrà loco
     Tal dolcezza;
     25Che vecchiezza
     Il rio verno al bell’anno apporterà.
Così di tua beltate, amata Clori,
     Che oggi fiorisce in te,
     Lasso, del tempo fier gli aspri rigori
     30Nulla averan mercè:
     Quella neve, quel bell’ostro,
     Che sì cara il guardo nostro
     Riconsola,
     Ah che vola,
     35Ah che l’odiose rughe ha già con sè!
Or consenti al fervor de’ preghi miei
     Il don di tua beltà,
     Che se scorta non ha d’almi Imenei,
     Indarno ella sen va,
     40Di bei fiori invan si vanta
     Sull’April tenera pianta;
     Ma s’onora
     In quell’ora,
     Che tributo di frutti al mondo dà.

XXX

Che sempre amerà.

Già d’un volto sereno
     Almo splendor mirai,
     Ed a sì cari rai
     Tutto avvampommi il seno;
     5Ne che venisse meno
     Ivi l’accolto ardore
     Il valse a fare orgoglio
     Ne sdegno, nè rigore,
     Ne forza di cordoglio,
     10Ne sforzo di martire,
     Ne vïolenza d’ire.
Emmi sì caro il foco
     Di sì somma bellezza,
     Che io sostengo ogni asprezza
     15Come soave gioco,
     Ogn’ora in ogni loco
     Tanta beltà vagheggio;
     Se sorge il Sol dall’onde,
     Nell’Alba io la riveggio,
     20E s’ei nel mar s’asconde,
     Nel sen dell’aria oscura
     Cintia la mi figura.
In fresca aura, che mova,
     In vago fior di piaggia,
     25In pianta aspra selvaggia
     Il mio pensier la trova,
     Ed invan si riprova
     Nuov’arco, e nuovo dardo
     Farmi piaga amorosa;
     30Che nebbioso ogni sguardo,
     Ogni guancia rugosa,
     Ogni chioma canuta
     È per me divenuta.
Vile ed ignobil merto,
     35Cui non si dà mercede
     Per sempiterna fede,
     Meco non fia per certo;
     Veggano il fianco aperto
     Gli occhi che mi feriro,
     40Finchè io rimango in vita;
     E l’ultimo sospiro
     Dell’estrema partita