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124 poesie

XLII

Qualità della sua Diva.

Mia Donna è cosa celeste,
     Ma si veste
     Per pietà spoglia terrena,
     E pe farne il Mondo adorno,
     5Spande intorno
     Gran virtude, ond’ella è piena.
Ove gira un guardo solo,
     Indi a volo
     Ogni nuvolo sparisce;
     10Ove ferma un poco il piede,
     Là si vede,
     Che ad ognor l’erba fiorisce.
Qual dall’onde apparir fuora
     L’alma Aurora
     15Rugiadosa ha per costume;
     Qual si gira in vesta bruna
     L’alma Luna
     Per lo ciel piena di lume;
Tale in terra apparir suole,
     20Quando il Sole
     Suo splendor chiaro diffonde;
     Tale in terra ella n’appare,
     Quando in mare
     Suo splendor Febo nasconde.

XLIII

Loda Clori.

Non così belle aprirono
     Rose sul bel mattin,
     Nè sì puri fiorirono,
     Come qui gelsomin;
     5Aurette non volarono
     Sì fresche in sull’April,
     Nè rivi mormorarono
     Mai di suon sì gentil.
Qui fra rami, che accoppiano
     10Bel Mirto e bello Allor,
     Filomene raddoppiano
     L’antico suo dolor;
     E sì dolci disciolgono
     Le note del martír,
     15Che l’orecchie raccolgono
     Carissimo gioir.
Quanto dal Ciel concedesi
     A bel campo terren,
     In questa piaggia vedesi
     20Tutto cosparso appien:
     Or qui dentro rinchiusomi
     Oggi che far dovrò?
     Per certo indarno scusomi,
     Se Clori io taceró.
25Alma, cui dentro mirasi
     Il pregio d’onestà,
     E volto, dove ammirasi
     Il colmo di beltà;
     Sprezzinsi le memorie,
     30Onde Clizia fiori,
     E tacciansi le glorie,
     Per cui Troja perì.
Qual vaghezza a dir menali?
     Cor mio, non diciam più,
     35E tu, lingua, raffrenali,
     Che il tacere è virtù.
     Clori lodar sentendosi,
     L’orgoglio accrescerà,
     E d’alterezza empiendosi,
     40Più ci tormenterà.

XLIV

La Sua Diva più bella dell’Aurora.

Quando l’Alba in Orïente
     L’almo Sol s’appresta a scorgere,
     Giù dal mar la veggiam sorgere,
     Cinta in gonna rilucente,
     5Onde lampi si diffondono,
     Che le stelle in cielo ascondono.
Rose, gigli almi immortali
     Sfavillando il crine adornano,
     Il crin d’oro, onde s’aggiornano
     10L’atre notti de’ mortali,
     E fresc’aure intorno volano,
     Che gli spirti egri consolano.
Nel bel carro a meraviglia
     Son rubin, che l’aria accendono;
     15I destrier non men risplendono
     D’aureo morso, e d’aurea briglia,
     E nitrendo a gir s’apprestano,
     E con l’unghia il ciel calpestano.
Con la manca ella gli sferza
     20Par con fren, che scossi ondeggiano,
     E se lenti unqua vaneggiano,
     Con la destra alza la sferza;
     Essi allor che scoppiar l’odono,
     Per la via girsene godono.
25Sì di fregi alta e pomposa
     Va per strade che s’infiorano,
     Va su nembi che s’indorano,
     Rugiadosa, luminosa;
     L’altre Dee, che la rimirano,
     30Per invidia ne sospirano.
È ciò ver; qual più s’apprezza
     Per beltade all’Alba inchinasi,
     Non per questo ella avvicinasi
     Di mia Donna alla bellezza:
     35I suoi pregi, Alba, t’oscurano,
     Tutte l’alme accese il giurano.

XLV

Loda la mano della sua Diva.

I bei legami,
     Che stanmi intorno,
     Perch’io sempre ami
     Bel viso adorno,
     5Mano gli strinse,
     Che sì m’avvinse
     Per caro modo,
     Che avvinto io godo.
Tempo, che alato
     10Rapido vai,
     Me scatenato
     Mai non vedrai,