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del chiabrera 147

Mille amorosi Arcieri
     Hannosi il fianco mio per segno eletto,
     E sempre acerbi e fieri
     Ivi di saettar piglian diletto.
Ah che dentro del petto
     È già tutto il mio core una ferita!
     Lume di duo begli occhi aita, aita.

XI

Chi è sempre in guai.

O che sorga l’Aurora,
     O ch’Espero nel ciel vibri suoi rai,
     Non vede altro da me, che tragger guai.
Quando forza di gelo
     Arresta per cammin l’onde correnti,
     E quando versa il cielo
Sotto l’arso leon fiamme cocenti,
     Questi occhi miei dolenti,
     Altro che lagrimar non san giammai,
E non ho spirto, che non esca in hai.

XII

Si consola del passato.

Mio cor cotanto è vinto,
     Che stare incontra il duol non ha possanza,
     Ne di stato miglior meco è speranza.
Rapidissimo volo,
     Che ten portasti il viver mio beato,
     So che un momento solo
     Più non godrò giammai del bene amato;
Pur col gioir passato
     La vita addolcirò, che aspra mi avanza.
     Non ha poco poter la rimembranza.

XIII

Lode all’Amore.

Messaggier di speranza,
     Amato sì degli occhi miei conforto,
     Lume di due pupille, ove mi ha scorto?
Di quanti miei tormenti
     Oggi fassi cagione il tuo splendore?
     E di tuoi raggi ardenti
     Quanto, o quanto poria dolersi il core?
Ma sì mi vince Amore,
     Che omai sommerso infra tempeste, e morto,
     Amo non men, che s’io mi fossi in porto.

XIV

Vuol vivere in libertà.

Che dolce mi riprega,
     E dolce mi lusinga Amor ben sento,
     Ma lascio i preghi, e le lusinghe al vento.
Occhi, voi sospirate,
     E fontane di lagrime spargete,
     E di me vi dolete,
     Che servi non vi fo d’alta beltate;
Indarno vi provate,
     Che io di vostro martír pena non sento:
     Là dove è libertà, non è tormento.

XV

Si pente di amare.

Volta a farmi felice,
     Vidi la fiamma de’ begli occhi ardente,
     Ne fur le mie vaghezze indi contente.
Or dove, lasso! omai
     Sperar deggio conforto a’ dolor miei,
     Se pace io non trovai
     Là ’ve il bramato bene io più godei?
Ah fra gl’incendj rei
     Oltra più vaneggiar cessi la mente!
     In Amore il più lieto è il più dolente.

XVI

Ha solo tormenti.

Che io vi sia presso, o lungi,
     Donna, che io vi rimiri, o non vi miri,
     Han la stessa speranza i miei desiri:
Qualor mi son presenti
     I raggi de’ vostri occhi, ond’io tutt’ardo,
     Che osi guardarli non impetro sguardo
     Da quest’occhi dolenti;
Ne sa formare accenti
     La lingua, solo accenna i miei martiri
     Un oimè sollevato da sospiri.

XVII

Dipartenza.

Perchè cotanta angoscia,
     Deh perchè sul partir tanto martire?
     Forse per lo spavento del morire?
Occhi, della partita
     Per si fatta cagion piangete a torto,
     Voi non vivete qui; viver la vita
     È viver con conforto:
Se in quei begli occhi è morto,
     Fuor che di vostra morte ogni desire,
     Perchè non metter ali al dipartire?

XVIII

Crudeltà di Bella Donna.

L’alma per suo conforto,
     Occhi, viensene a voi, quando vi miro,
     Fortunata sull’ali d’un sospiro.
Ma de’ vostri bei raggi empio rigore,
     Cui si caro è l’obblio della mia fede,
     Chiudendo il varco a messaggier d’Amore,
     Ivi dimora far non le concede.
Quinci ella a me sen riede,
     E dir non vi saprei con qual martiro,
     Sfortunata sull’ali d’un sospiro.

XIX

Si dichiara contento del suo Amore.

Là ’ve guardo risplenda,
     Che in fuoco di beltà distempri un core,
     Non ne dà doglia, che dia doglia Amore.