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del chiabrera 211

150Fa co’ rami sonar le rive ombrose;
Cotal sen venne quel Barone a terra;
E l’aureo scudo, e la corazza e l’elmo
Alto sonaro: meraviglia immensa
Quinci sorprese i cavalier seguaci;
155Ma fier Foresto sollevò la spada
Inverso il capo d’Agricalte, e fende
Giù per la fronte, e per lo collo in guisa,
Che sopra il destro, e sul sinistro fianco
Si rovesciava la partita testa;
160Ma le midolle del cervello sparse
Corsero a terra; le ginocchia ei piega
E dà col petto in sul terren là, dove
Sonno di ferro eternamente il prese:
Non per questo cessò l’inclita destra;
165Nearco affronta; era d’orribil belve
Non mai pago uccisor; ben grave d’anni
Ma cruda, e verde si godea vecchiezza;
Vestiva in vece di ferrato usbergo
Orride sete di cinghiale alpestre,
170in rimirar da spaventarsi arnese,
Ma non paventa del campione Estense
L’alto coraggio, che tra costa e costa
Vibra ferita, e duramente estinse
Quelle freschezze del polmon ventoso:
175Ei diede alquanti crolli, indi col tergo
La terra impresse, e scolorito in viso
Con narici affilate, alzò singhiozzo,
E dir volea, ma della vita il filo
Atropo gli recise: oltre sen passa
180Foresto, e taglia a Rimedon la destra,
E fa caderne l’arrotata scure
Onde egli promettea colpi di pregio
Villanamente; e poi di novo immerge
Nell’anguinaglia il sauguinoso acciaro:
185Rimedon casca, ed il guerrier calpesta
Le lorde membra; indi atterrava Ofelte:
Questi fidando in sè medesme, note
Faceva udir di barbaresco orgoglio
Al vincitor ben già da presso; ed egli
190Profondandogli in petto orribil punta
Tutto il fegato scempia; onda di sangue
Sgorgò fuor di quello antro, ed il superbo
Rimase desiata esca di corbi:
Allor comincia ad ingombrar viltate
195L’anima forte di quei duci, ed alto
Ciascun gridava all’armi: entro i ripari
Sono i nemici: all’arme, all’arme, all’arme.
Al gran rimbombo, che per l’aria vola
Mosse la squadra delle regie guardie:
200Era duce Nearco: ei giva altiero
Per anni freschi, e per guerrier sembianti,
E tutto involto di purpuree spoglie
Portava in cima del cimier con arte
Scolpito il monte delle fiamme Etnee;
205Venia saltando, e fier siccome toro
Se per bella giovenea in valle ombrosa
Scalpita co’ piè l’erba, e fa col corno
E coi mugghiar brava disfida all’aure:
Dall’altra parte se ne vien l’Estense
210Come Leon quando le ciglia aggrotta,
E con la coda smisurata i fianchi
Aspro flagella, e che ruggendo ei tuona:
Allor rimbomba la Caucasea selva,
E sul periglio di pasciuti armenti
215Stan tremando i bifolehi: or chi bastante
Fora a narrar le minacciate piaghe?
Il suon de’ brandi? il fiammeggiar dell’armi?
E de’ nobili cor l’alto disdegno
Sparso per gli occhi? il feritor primiero
220Fu la barbara destra; ei lancia un’asta
Nou men di tosco, che di ferro armata;
Ei sforzò le sue forze; il dardo fende
L’aria ronzando, e nello scudo avverso
Strada s’aperse, ma non giunse al pette
225Ove era vaga di ferir la punta:
Nearco sfodra di forbito acciaro
Gran scimitarra, e destinava piaga
Verso la tempia del nemico: ei schermo
Fassi pur con la spada; indi percote
230L’elmo per modo tal, che d’ognintorno
L’Etna dell’oro seminò faville;
Sangue non corse già, ma sotto il colpo
Tentenna, e mal si sostenea Nearco:
Non lascia il brando riposar Foresto,
235Ma spinse l’armi entro il belico, e dietro
Va furioso, e lacerò le reni;
Tale in duo fonti di bollente sanguc
Atrocemente inebbrió la spada:
Cascò Nearco, e sul serrar degli occhi
240Obblio nol prese de’ paterni alberghi:
Mal fortunato, ivi lasciò partendo
Carissima beltà d’inclita sposa,
Ed in suo grembo ammammellato infante,
Che mai non vedrà più: scorse cascarlo
245Sinolfo possessor d’ampio tesoro,
E per questa cagione al Re diletto
Vide cascarlo; ed avvampogli il viso,
E per entro le vene incendio d’ira;
E fra suoi mise un alto grido: o pera;
250E chi di noi più mostrerà la fronte
Non vendicato al Re? tanto dispregio?
Oggi tanta viltate? i cor codardi,
Serbinsi a’ corbi, ed al digiun de’ cani;
Ed io primiero: ei così grida, e scaglia
255Il dardo; e cento secondaro: alcuni
Forte fero sonar l’aurea celata;
Altri graffiaro del gemmato manto
I ricchi fregi; e chi percosse l’oro,
E lo splendor del ben temprato scudo,
260Ivi oltraggiando del reale augello
L’invitte piume: a tanti gridi, a tanti
Colpi, ed a tante dell’orribil Marte
Acerbe furie tenne saldo il piede
L’alto guerrier, nè sa cangiar sembiante:
265Qual s’armando talor rozza falange
I montanari cacciator sen vanno
Giocondi a guerreggiar porco silvestre,
Egli tra canne paludose, e giunghi
Suo forte albergo, se ne sta ben franco,
270E guarda bieco, e per soverchio d’ira
Gli occhi rivolge rosseggianti, e mostra
Pronte a ferir le formidabil zanne:
Ma disperato alfin s’avventa ed apre
I chiusi varchi, e frange spiedi, e sventra
275Veltri, e molossi, ed ogni incontro abbatte,
E dell’opposta gioventù fa scempio
Miseramente: a tal sembianza in campo
Trattava l’armi l’immortal Foresto:
Per fama intanto, e per messaggi inteso
280Attila aveva il non temuto assalto,
E la fredda paura, unde eran piene