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216 poesie

Già sull’Oronte alla stagion felice,
225Gelata, e sparsa di sudor la fronte,
Chiuse tremando e palpitando i lumi.

III

L’ALCINA PRIGIONIERA

AL SIG. GIO. BATTISTA CASTELLO.

     Perchè favoleggiando empiono i versi
Di mille varj scherzi i gran Poeti,
Battista, par che gli dispregi il vulgo;
Ma tu, Castel, che non movesti il piede
5Sull’orme della plebe, or ne vien meco,
E posa all’onda di Permesso ombroso:
Io ti vedrò pennelleggiar le carte,
Che di tua mano, a meraviglia industre,
Alluminate ridono; tu lieto
10Udirai me rinnovellar memoria
Di ciò, che in riva al Po disse di Alcina
Quel Grande, che cantò gli amori e l’arme:
Così quinci a mille anni andranno insieme
Per l’Italico ciel lunge da Lete
15I tuoi cari pennelli, e le mie penne;
E sarà forse allor chi lungamente
Di te ragioni, e che di me non taccia.
Ma per altro paese i giorni eterni
Noi trarrem sciolti da terreno affanno,
20Tu co’ famosi, onde si onoran l’onde
E dell’Arno e del Tebro e della Parma,
Con quel di Urbino Italiano Apelle;
Ed io co’ Cigni di Sebeto e d’Arno
E del gran Po, ma da lontano, inchino,
25Grazia mi fia sol che ne senta il canto.
Intanto rimembriam l’iniqua Alcina:
Che fu di lei, quando, predato il Regno,
E fuggito Ruggier sola rimase?
Cantane Urania, che nel cielo alberghi.
30Ella d’odio e d’amor cotanta fiamma
Rinchiuse dentro il sen, che per lo sguardo
Invenenato se ne uscian faville;
Ed or pensando al cavalier perduto,
Sì caro obbietto, ora volgendo in mente
35Della nemica maga il grave oltraggio,
Si strazia i crini, e si percuote il petto:
Ma pur molto più lieve, e meno acerbo
Le giunge il duol della battaglia avversa,
Nè piagne i regni depredati, o duolsi
40Della vittoria, e degli altrui trionfi.
Tu che nel petto de’ mortali infondi
Soave il suco degli amari assenzi,
Tu sì la sferzi, Amor, sì la trafiggi.
Dunque nè dolce sonno a lei comparte
45Alcun riposo: o che Cimmeria notte
Si torni, o torni luminosa Aurora,
Sempre tra’ rei pensier vegghia, e sospira.
Spesso mirando i più riposti alberghi
Nel dorato palagio, o per le selve
50Gli spechi ombrosi, e le fontane ornate,
Ratto a mente le vien, quando fra loro
Ruggier fu seco alla stagion felice,
In che tutto appagava il suo desiro:
Allor eresce l’affanno, allor tempesta
55In grave duol l’alma infiammata, pensa
Qual via rimanga a racquistar l’amante.
Degli aspri incanti, e delle occulte note
Vana è l’aita, che pur dianzi scorse
Fuggirsene Ruggier da lei lontano.
60Quinci seco dolente alcun consiglio
Va ricercando a sua fortuna, e gira
Torbido il core in mille parti, e dice
Piangendo al fine: Or se non han possanza
Contro questo Guerrier magiche note,
65E se nostra beltà, che or si abbandona
Forza non ha, che il fuggitivo adeschi,
Trovisi Amor: dell’amorosa angoscia
Facciamo alta querela al suo cospetto.
Ei ch’è di strali, ei ch’è d’ardor possente,
70Render lo ci potrà. Cotal dicendo,
Mirabil carro adorna, onde trascorre
A suo piacer per l’onde, e per le nubi;
Ma pria raccoglie i crin, che il duolo ha sparsi,
Non com’era usa infra diamanti, ed ori,
75E di un oscuro vel ricopre il tergo,
Che già teneva a vil spoglie di Tiro,
E di Fenicia, e d’Oriente i pregi.
Così negletta, e lagrimosa ascende
Sul forte carro, e la volubil rota
80Sferzando muove all’amorosa Reggia.
Celatamente intanto avea Melissa,
L’amica di virtù, fatto ritorno
A spïar l’opre dell’irata Alcina,
Ed avvolta di nembi era per l’aure
85Intenta a rimirar, quando ella vede
Lei, che s’affretta, e per cammin pensosa
Va calpestando i turbini sonanti:
Ratto dietro le muove, e colle piume
Pur fasciate d’orror suo corso adegua
90Rapidamente, e già da lunge il tetto
Ponno veder degli amorosi alberghi;
Ed ecco son sulla marmorea porta.
Sull’ampia soglia inghirlandata i crini,
Vestita a verde, sorridea Speranza,
95Falsa donzella, e colla destra ajuta
Dall’alto carro a giù calarsi Alcina;
Indi le mostra, dove Amor soggiorna.
Dentro l’aurea magion folto verdeggia
Bosco di mirti, ove sull’erba in terra
100Suoi pregi vago April tutti cosparge,
Gigli, amaranti, vïolette e rose,
Giacinto, amomo, incenso, acanto e croco
Ivi son antri, che agli estivi ardori
Danno bando coll’ombre, ivi son aure,
105Ivi son onde, che correndo intorno,
Fanno all’orecchie altrui dolce lusinga;
E pur, come d’amar porga consiglio,
L’onda d’Amor, d’Amor mormora l’aura.
In sì fatta foresta almo riposo
110Traeva Amor, lasso di star sull’ali,
E di avventar non paventava piaghe;
Seco sua corte a quel soave rezzo
In ozio desïato si trastulla:
Il riso, il giuoco, i fanciulletti alati
115Sempre fugaci, in una parte i Prieghi
Dolci la lingua, e mansueti il volto:
In altra l’Ire di color sanguigno
Tutte dipinte; in solitaria piaggia,
Con nubilosa fronte in grembo ascosa,
120Giace l’Affanno; ma sciogliendo al vento
Gioconde note la Letizia scherza:
In mezzo lor colà dove dilaga