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del chiabrera 15

     E vuol quaggiù di varle cetre il canto
     Somma Virtute a celebrar suo vanto,
Io son qui, come augel, che infermo ancora,
     Snoda note novelle:
     Omai, Strozzi, alle stelle
     Alzi la voce che Parnaso onora;
     Ed ei, che può, distingua ornai con arte
     Dolce di Febo aspri fuor di Marte.

XV

per lo medesimo.

Era tolto di fasce Ercole appena,
     Che pargoletto, ignudo,
     Entro il paterno scudo
     Il riponea la genitrice Alcmena;
     5E nella culla dura
     Traea la notte oscura.
Quand’ecco serpi a funestargli il seno
     Insidïose e rie;
     Cura mortal non spie,
     10Se pur sorgesse il gemino vennero;
     Che ben si crede allora,
     Ch’alto valor s’onora.
Or non sì tosto i mostri ebbe davante,
     Che colla man di latte,
     15Erto su i pie combatte,
     Già fatto atleta il celebrato infante;
     Stretto per strani modi
     Entro i viperei nodi.
Al fin le belve sibilanti e crude
     20Disanimate stende,
     E così vien che splende
     Anco ne’ primi tempi alma virtude;
     E da lunge promette
     Le glorie sue perfette.
25Ma troppo fia, che sulla cetra io segua
     Del grand’Alcide il vanto;
     A lui rivolsi il canto
     Per la bella sembianza, onde l’indegna,
     Nel suo girar degli anni
     30Il Medici Giovanni.
Ei già tra i gioghi di Appennin canuti,
     Vago di fier trastullo,
     Solea schernir fanciullo
     Le curve piaghe de’ cignali irsuti;
     35E più gli orsi silvestri,
     Terror de’ boschi alpestri.
Indi sudando in più lodato orrore,
     Vestì ferrato usbergo.
     Allor percosse il tergo
     40L’asta Tirrena al Belgico furore.
     E di barbari gridi
     Lungi sonaro i lidi.
Così Leon, se alla crudel nutrice
     Non più suggendo il petto,
     45Ha di provar diletto
     Tra gregge il dente, l’unghia scannatrice,
     Tosto di sangue ha piene
     Le Mauritane arene.
Ma come avvien, che se Orïon si gira
     50Diluvïosa stella
     Benchè mova procella,
     Ella pur chiara di splendor s’ammira;
     Tal ne’ campi funesti
     D’alta beltà splendesti.
55Or segui invitto, e colla nobil spada
     Risveglia il cantar mio,
     Intanto ecco io t’invio
     Mista con biondo mel, dolce rugiada,
     Fanne conforto al core
     60Fra il sangue, e fra il sudore.

XVI

per lo medesimo.

Benchè tra’ monti solitaria insegni
     Savona a’ figli suoi battendo i remi
     Intra perigli estremi,
     Merce raccôr da fortunati regni,
     5Ond’ella di ricchezza in pregio ascenda,
     E per nobile industria aurea risplenda.
Io non per tanto singolar da loro
     Varco di Pindo a’ porti almi, e soavi;
     Indi sciolgo mie navi
     10Carche di palme, e d’immortale alloro;
     E con povera man ne fo felici
     I cor d’onore e di virtude amici.
S’io già del Tebro, e del gran Po sul corno
     Mirar mi feci, e del Metauro all’onde,
     15E sulle vaghe sponde
     Di Dora impressi alte vestigia; or torno
     D’Arno famoso alle dirette rive
     Carco di cetre, e di bell’arpe argive.
Qui fra solinghe Ninfe, il crin cosparte
     20Di gigli, e d’ostro, a lor sì cari fregi,
     Ammirabili pregi
     D’un Medici vo’ dir, ramo di Marte,
     Per cui nel mezzo d’altrui danni, ed onte
     Pur tiene Italia nostra alta la fronte.
25Quando nell’alto Ciel sue rote adduce
     Cimmeria notte, e l’Universo imbruna;
     Allor dell’alma Luna
     Mirasi chiara fiammeggiar la luce
     E suoi lampi virtù vibra da lunge,
     30Quando tetra viltà seco s’aggiunge.
Quinci fra’ nembi, onde pur dianzi in guerra
     S’avvolse il cor delle Tedesche genti,
     Noi rimirando ardenti
     Uscir tuoi raggi a rallegrar la terra,
     35Portiam la guancia di letizia impressa;
     O forte a sollevar Pannonia oppressa.
Or di questo non più. Gaudio s’appresta
     Per noi più grande: eserciti infiniti,
     Crude strida, nitriti
     40Ecco empion ogni piaggia, ogni foresta;
     Scuotonsi i monti, e par che il Ciel ne cada,
     Ma ciò fia messe alla tua nobil spada.
Non paventar: su dall’eteree cime
     Al fin calpesta gli empj il gran Tonante;
     45Pongonsi mostri avante
     Alla virtù, che ha da venir sublime;
     Odi la bella Clio, che d’aurei detti
     Tiene ha le labbra, e n’arricchisce i petti.
Che un tempo armasse, ella non canta in vano,
     50L’alma Acidalia il peregrino Enea;
     Nè che la tomba Etnea