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DEL CHIABRERA 307

     Così ti gioverei
     Con opra e con ricchezze,
     Come or sì poverello
     Io pur t’amo col cuore.
Fil. Nerino, io l’ho per certo, e ti ringrazio.
Ner. Devi dunque sentir le mie parole.
     Come d’amico, e non negare il vero
     Securo ch’io ti parlo
     Per cagion di tuo bene:
     Filebo io so di certo, che sei preso,
     Nel negar, dell’amor di Gelopea,
     Nè io di questo amore
     O ti lodo o ti biasimo:
     L’amor è passion di gioventute;
     E tu se per amore
     Mai sposassi costei
     Avanzeresti assai la tua fortuna;
     Perch’ella in questa villa
     E fortemente ricca, e tra le doti
     E tra l’ajuto che potria donarti
     Suo padre, certamente
     Solleveresti ben la tua famiglia:
     Ond’io non ti riprendo
     S’hai si fatto pensiero:
     Son ben d’opinion che i parentadi
     Debbonsi procurare
     Con l’onor de’ parenti:
     E non contaminando
     Le donne di niuno:
     Che le cose mal fatte
     Mai non piacciono a Dio:
     E ciò che a Dio non piace
     Non ha giammai buon fine.
Fil. Favelli ottimamente:
     Ma non so la cagione onde ti movi
     A così favellare.
Ner. Ed io la ti vo’ dire,
     Se pario ottimamente,
     Perchè vuoi to guastare
     La castità della tua Gelopea?
Fil. lo far ciò? non giammai;
     E s’io volessi farlo,
     Ella il consentirebbe?
     Tutto questo è menzogna.
Ner. E se questo è menzogna,
     Come avete fermato
     Di ritrovarvi questa notte insieme
     Fuore della sua casa,
     In solitario loco?
Fil. Quale uomo è tanto ardito,
     Che finga una novella sì perversa?
Ner. Filebo io ti dirò cotanto avanti,
     Ch’al fine eleggerai di confessarmi
     Quel che non puoi negare:
     Ascoltami, ti prego: la Licori,
     Fante di Gelopea è mia cognata:
     Costei sui far del giorno
     È stata a ritrovarmi
     Tutta piena d’affanno:
     E cercava consiglio se dovea
     O fuggirsi o fermarsi in quelle case.
     Mi racconto sì come Gelopea
     Ha questa notte posto
     Ordine fermo di trovarsi insieme
     Con esse un giovinetto
     Per uscir di casa, e per tornarvi
     Celatamente, aveva
     Seco comunicati i suoi disegni,
     Perchè le desse aiuto:
     Ora Licori si trovava posta
     In mezzo duo pensieri,
     Ch’abbandonar voluto non arcbbe
     Quella sua giovinetta:
     E d’altra parte teme
     Le molte disventure,
     Che possono avvenire,
     E però meco ne prendea consiglio.
     Io che del vostro amore
     Aveva già notizia, chiaramente
     Di subito compresi,
     Che Filebo era quello,
     Con cui volea trovarsi,
     Però meco ho proposto
     D’essere teco intorno
     A sì fatto negozio.
     Filebo io torno a dirti
     L’insidie e i tradimenti
     Non sono cari a Dio.
     Il padre di costei
     Se non oggi, dimani
     Certo è per risaperlo:
     Nè vorrà tralasciar senza vendetta
     Una ingiuria sì grave;
     Egli è possente, tu se’ poverello;
     Guarda in quanto pericolo ti pone
     Biasmevole appetito.
Fil. Nerino io te’l confermo
     Di questo non so nulla.
Ner. Come che non sai nulla?
     Non avete fermato di trovarvi
     Dentro al fenil d’Alfeo?
Fil. Meco non ha fermato
     Di ritrovarsi in quello,
     Ne meno in altro loco;
     Se tal ordine è fermo
     È fermo con altrui.
Ner. Teco, teco è fermato,
     Che pur te solo ella ama;
     Tuttavia se non vuoi
     Aprirti meco, e non vuoi palesarmi
     Il tuo chiuso secreto,
     Non monta nulla; pure
     Che tu volga la mente a quale impresa
     Voi vi siete disposti,
     E che tu ben rimiri
     A qual risco tu poni
     La tua vita medesma,
     E quella di colei,
     Che tu dici d’amare
     Via più di te medesmo.
     Filebo, io te ne prego
     Con quella tenerezza
     Che farebbe tuo padre,
     E poscia c’ho fornito quello ufficio
     Ch’a me si conveniva,
     Io mi dipartirò: rimanti in pace.