Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/65

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52 poesie

Con qual dunque corona,
     100Bella Flora, nel sen delle tue mura
     Farassi onore eterno al dì presente,
     In cui l’orribil Bona
     Dentro nembo di pianto il ciglio oscura
     Per gli aspri assalti di tua nobil gente?
     105Certo in Dedalei marmi
     Déi le prove scolpir di sì belle armi.
E se feroce in guerra
     Cosmo ara il mare, ed orgogliosi liti
     Fa tremar di suo nome in strani modi;
     110E noi lunge da terra
     Varchiamo, Euterpe, e trascorriamo arditi
     Il profondo oceán delle sue lodi:
     Ma non verso l’aurora,
     Sol verso Libia oggi volgiam la prora.
115Deh sarpa, e lascia il porto;
     Né ti punga pensier che si prepari
     L’arida Invidia a suscitar tempesta.
     Hanno gli eroi conforto,
     Se imperversando, a renderli più chiari,
     120L’acerbissimo mostro il calle infesta;
     Virtù non combattuta
     Trova la Fama o taciturna o muta.
Già Greco stuolo invitto
     Trascorse d’oceán lunghi vïaggi,
     125Di che il mondo ascoltando anco s’ammira,
     E per l’alto tragitto,
     Nel più sublime ciel tra’ vaghi raggi,
     La celebrata nave oggi si mira;
     E ben lunge da Lete
     130Se ne vola Giason tra l’aure liete.
Ei prese a scherno l’onde,
     Soverchiò l’invincibili percosse
     Di quei mai sempre formidabil scogli;
     Corse barbare sponde,
     135Ed in risco mortal nulla si mosse
     Di straniero tiranno a’ crudi orgogli;
     E spense in gran Teatro
     Forti guerrier per incantato aratro.
È ver; ma per tal via
     140Chi trasse l’orme dell’Achéo guerriero?
     La cagion dell’oprar corona l’opra.
     Se ’l vero non s’obblía,
     Del tesor sì famoso il vello altero
     Ad ogn’altro desire andò di sopra;
     145E ricchezza, possente
     Sul cor del vulgo, gl’ingombrò la mente.
Il Signor de’ miei versi
     All’onorate vele aura non spande,
     Male adescato da vaghezze avare;
     150Ma stima ben dispersi
     I tributi raccolti, ond’egli è grande,
     A far sicure l’ampie vie del mare;
     E perchè allegri il seno
     Varchino i nocchier nostri il gran Tirreno.
155Quinci ei gonfia la tromba,
     Onde a Nettun nel grembo ogni orgoglioso,
     Palpitando d’orror, cangia sembiante;
     E con bronzi rimbomba,
     Tal che scuote le sponde al mar spumoso
     160Dalle foci d’Oronte al vasto Atlante;
     Ed ivi empionsi i Tempi,
     Schermo pregando a’ paventati scempi.
Ma fia che d’Elle il varco
     Un dì s’allarghi all’animoso volo
     165Delle navi a ragion tanto temute:
     E già d’angoscia carco
     Il popolo di Bona innalza il duolo,
     Ne sa, lasso, tener le labbra mute;
     E fa stridendo auguri
     170Dell’aspettato mal su i dì futuri.
Sferzisi il carro aurato
     Dell’acceso Flegonte, e di Piróo
     Al desiato dì giungansi l’ali;
     Che io tra’ bei lauri ornato
     175Ardo di saettar sul lito Eóo
     D’Apollinea faretra inni immortali;
     E far per piaga eterna
     Fremere Invidia nella valle inferna.

LXXV

Quando si sorprese Biscari in Barberia, e Chierma in Natolia, e fecersi altre imprese nelle marine d’Africa e di Levante, con ottocentonovanta schiavi Turchi.

VIII

Fia che altri forse
     Vada cantando
     Per entro il suo pensiero
     L’età che corse
     5Nel mondo, quando
     Saturno ebbe l’impero.
     Allor non d’oro inghirlandato i crini
     Alcun regnante apparse;
     Nè cupido cosparse
     10Sul riverito scettro Indi rubini;
     Nè depredaro
     Strane pendici
     Le mansuete genti;
     Ma si stimaro
     15Ricchi e felici
     Pur con greggie ed armenti.
Allor donzella
     Per ôr superba
     Non impiagava un core;
     20Ma pastorella
     Scalza infra l’erba
     Tendea l’arco d’amore;
     Nè di Parnaso il popolo, ingegnoso
     Fabbricator di carmi,
     25Cantò gli assalti e l’armi
     Del fiero Marte a verginelle odioso;
     Anzi tra’ venti
     Su verde riva,
     Là ’ve l’onda scendea,
     30Disse i tormenti,
     Di che gioiva
     Titiro e Galatea.
Sì fatta etade
     Altrui diletti.
     35Vario è l’umano ingegno:
     Cantar beltade
     Fra rozzi tetti
     Me moverebbe a sdegno:
     Me palme a celebrar di Duci invitti
     40Nobil vaghezza accende;
     E a gir dove risplende
     Di marmi e d’ôr l’incomparabil Pitti;