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del chiabrera 65

     Ed a domar le Paretonie prore
     Fulmina di furor sull’onde Egee.
     Sì fatti fur quegli oltraggiosi: or quale
     Sacrasi al nome lor fama, immortale?
     110Con strage sì profonda
     Per uomo adunque monarchia si fonda?
Strofe.
O belle Albe serene,
     Che di Roma sgombrare,
     Dolce cosa ad udir, notte sì ria.
     115Pien di pietà sen viene
     Pietro soletto e scalzo
     La Croce a sublimar fin di Soria.
     Vuol che d’ingiusto amor si spegna il foco,
     Che umiltate corregga i cor superbi,
     120E che a ciascun per legge il suo si serbi.
Antistrofe.
Di verace virtute,
     Ad onta de tiranni,
     In mezzo a’ sette colli un fonte aperse;
     E per altrui salute
     125Con intrepido petto
     Sprezzando ogni martir morte sofferse;
     E lui traslato infra le stelle eterne,
     Non vengono quaggiù men successori,
     Per fatti eccelsi, degl’istessi onori.
Epodo.
130L’occhio di Dio, che in ogni parte vede,
     Sceglie per se ministro agli alti uffici,
     Perchè ei s’adora, e gli si bacia il piede:
     Ed oggi al sacro Urban di tre corone
     Orna la fronte, e dàgli in man le chiavi,
     135Sì, che ei del Cielo a suo voler dispone,
     Sommo Pastor della cristiana greggia.
     Or stiasi lieto in sì mirabil Seggia,
     Ed io, per farlo chiaro,
     Su Pindo intaglierò marmi di Paro.

XCI

AL SERENISSIMO

FERDINANDO MEDICI

GRAN DUCA DI TOSCANA

Edificatore di Livorno1.

Inclita Ninfa dell’Argivo Ismeno,
     E reïna d’Asopo,
     Tebe, d’orgoglio non gonfiare il seno.
     Nol ti gonfiare: io ben esperto e chiaro
     5So quali eccelsi pregi
     A meraviglia il tuo bel nome ornaro.
     So che d’eterei carmi
     Già risplendesti, e di Dedalei marmi.
Antistrofe.
Io so, che agli anni, e che di Lete all’onda,
     10S’invola il grande Alcide,
     E sen vola per l’alto Epaminonda:
     Ma non per tanto fra lusinghe indarno
     Ergi la fronte, ed osi
     Or far contrasto alla città dell’Arno;
     15Ed indarno diffuse
     Han sue menzogne a tuo favor le Muse.
Epodo.
Estro ingegnoso, che d’Aonii fiori
     Acqua distilla, ad ingannar possenti,
     Onde appo i cor delle leggiadre genti
     20Vaga bugia qual verità s’onori.
Strofe.
Per l’Universo infaticabil gira
     Fama volando, e canta
     L’opra immortal dell’Anfionia lira,
     Quando per l’alto suon mossero i passi
     25Dall’erte cime, e pronti
     Per lungo calle s’affrettaro i sassi;
     Ed indi preser cura
     Di crescer gloria all’Echïonie mura.
Antistrofe.
Io non son schifo, e non m’assal disdegno,
     30Se il popol di Parnaso
     Talor di verità trapassa il segno
     Adornar la virtù non è mentire;
     E sollevare al cielo
     Sommo valor non è biasmato ardire:
     35lo talor sul Permesso
     Di così far ben consigliai me stesso.
Epodo.
Ora non già, che per tal modo altero
     Risplende il merto del Signor che io canto,
     Che fora vil favoleggiato il vanto;
     40Sì fatto appar per sé medesmo il vero.
Strofe.
Voi che di stelle, e non di gemme d’ostri2,
     O Cosmo, o Ferdinando,
     Avete seggio in su gli eterei chiostri,
     Chinate il ciglio a riguardar Livorno;
     45E vedete siccome
     Rapido move, e come a lui d’intorno
     In su fervide rote
     Corre il campo di gloria il gran nipote.
Antistrofe.
Ei di pregio volgar non si consiglia.
     50Pianta nuova cittate,
     Che degli altrui pensier fia meraviglia.
     E chi vedendo per sentier quieti,
     Infra terrestri alberghi
     Ognora passeggiar l’istabil Teti,
     55Avrà scarsa la mano,
     In dar belle ghirlande al mar Toscano?
Epodo.
Onde il Sol cade, ed onde sorge, ed onde
     Soffia Austro, ed Aquilon, nocchier verranno,
     E colmi il petto di stupor vedranno
     60Rizzarsi ampia cittade in grembo all’onde.
Strofe.
Non sia chi faccia a sè medesmo froda;
     Là dove ozio verdeggia,
     Indi non suole uscir frutto di loda;
     Dell’iniquo adoprar mercede è l’onta.

  1. Ferdinando II, figlio di Cosmo II, nipote di Ferdinando I, successe al padre l’anno 1621 nella tenera età di undici anni, e prese le redini dello Stato nell’anno 1628.
  2. La città di Livorno deve la sua origine a Ferdinando I, il quale pose le fondamenta della cittadella il 10 gennajo 1590. Cosmo II terminò con più piccola scala il porto e la fortezza. Ferdinando II fabbricò la città e ne fe’ prosperare talmente il commercio esterno, che cresciuta di popolazione e di ricchezze fu posta in primo grado fra le città commerciali d’Italia.