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86 poesie

Sol dalle verdi spine, in che fiorita
     Si sta romita,
     Invita l’orme del pastor per via.
     40Dolce odorando, a non più far partita;
     Ed egli o lunge o sia
     Presso l’albergo, ogni viaggio obblia.
O quante tempre, onde suoi vaghi onori
     Io pur colori!
     45Ma s’ori giungo ardenti, o se diamanti,
     O se vivi del Sol giungo splendori,
     Non dirò tanto avanti,
     Che canti pregi a te, Lucia, sembianti.

XV

PER LA MEDESIMA.

Là su nel ciel, i cui superni regni
     Del Tempo sdegni guerreggiar non sanno,
     Città ne aspetta; nè temuto affanno
     Ha tanto ardir, che ivi d’entrar s’ingegni,
     5Nè lacrimosa sorte
     È forte sì, che osi appressar le porte.
Di crisolito, e di giacinto sponda
     Ben la circonda, desïabil muro!
     Le vie coperte d’ametista, e puro
     10Fiume d’elettro, e di bell’ôr l’inonda;
     Ed a mirarsi care
     Di chiare luci ha per suo giorno un mare.
Ivi di casta e d’innocente face
     Fiamma vivace va vibrando Amore,
     15Ivi raggira il piè, tranquilla il core,
     Cinta d’olivo il crin l’inclita Pace
     E nel gaudio del petto
     L’aspetto rasserena ivi il diletto.
Su bella cetra ora veloci or lente
     20Ei fa sovente passeggiar le dita,
     E quando delle corde il suono invita
     A temprar corde, ed a cantar la mente,
     Al Santo alto de’ Santi
     I canti volge, e ne rimembra i vanti.
25Che dagli abissi in atro orror sommerso
     Fe’ l’universo sollevarsi adorno;
     Chc a ferini poli fe’ girare intorno
     Il cicl di stelle e di bei rai cosperso;
     Che fe’ spumoso il seno,
     30E freno pose all’oceàn non meno.
Appena il disse, che sul proprio pondo
     Contro del mondo si posò la Terra;
     E ciò che in lei forma vestigio, ed erra,
     E ciò cbe guizza per lo mar profondo,
     35E ciò ch’è in ciel bealo
     Ha stato sol, perchè da Dio gli è dato.
Ei dice; e di sua bocca ogni parola
     Cinta sen vola di virtude eterna:
     Virtù, che trapassando al cor s’interna,
     40Ed infallibilmente altrui consola:
     Fortunata Cittate,
     Beate l’alme colassù traslate.
E pur da rio pensier quanti traditi,
     O sbigottiti dalPallier vïaggio,
     45Sommergono in obblio l’almo retaggio,
     Che tiene in sua ragion beni infiniti^
     Ma via lunge da questi
     Premesti tu, Lucia, l’orme celesti.
Per la strada del ciel dolci gli affanni
     50Sul fior degli anni ti sembraro ognora,
     Nè dal dritto cammin ti trasser fuora
     Unqua d’Amore i lusinghieri inganni;
     Che dentro il cor divoto
     1Il voto così bel serbasti immoto.
55E quando i mostri inferni a tuo martire
     Armaro l’ire del Romano orgoglio,
     Allor tu come selce, e come scoglio
     Contra l’asprezza del crudel ferire,
     E di gran sangue tinta,
     60Non vinta no, ma rimanesti estinta.

XVI

PER S. CECILIA.

Strofe.
Gravissimo stupor l’anima piglia,
     Quando volgo il pensiero
     Al faretrato Arciero,
     Che accettar giogo femminil consiglia;
     5d’una guancia vermiglia
     Ei suole armarsi, ed indi avventa ardore,
     Alle cui vampe incenerisce il core.
Antistrofe.
Ei quanto appare il Sol di caldi pianti
     Bagna l’altrui pupille;
     10Nè mai notti tranquille
     Dal fiero suo rigor dansi agli amanti
     Impallidir sembianti,
     Mandare infra sospir querele sparte,
     De i seguaci d’Amor chiamasi Parte.
Epodo.
15E pur dovunque ci sprona
     Ciascun corre veloce;
     E s’ascolta sua voce
     Via più, s’ei mal ragiona;
     Di ciò lungo Elicona
     20Non si favella in vano
     Dalle Castalie Dive;
     Ma cantiam ciò che scrive
     L’Euterpe del Giordano.
Strofe.
Per la bella Tamar giunse a tal segno
     25Già di Davidde il figlio,
     Che con brutto consiglio
     Fece alla Verginella oltraggio indegno;
     Quinci per fier disdegno
     Strane cose Absalon rivolse in petto;
     30Chè all’uomo il vendicarsi è gran diletto.
Antistrofe.
Chiama l’oltraggiatore a regia mensa;
     E tra gioco e tra riso
     Ivi lo lascia anciso,
     35Misero lui! quando via meno il pensa.
     Nube di doglia immensa
     Allor coperse di Sïon la reggia:
     Tanto costa il fallir di chi vaneggia.
Epodo.
Cor mio, non bene accorto
     40Se dài le vele al vento,
     Ti sferri in un momento
     Volgi la prora al porto.
     Qui per nostro conforto