Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/516

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voglio passare sotto silenzio quanto in essa a’ giorni nostri è avvenuto. Era stato assunto Giustiniano all’impero; ma non avea ancora intrapresa la guerra Vandalica, quando i Mauri barbari, detti Leucati, cacciati i Vandali allora dominanti nell’Africa, occupata Lepte la grande, la desolarono pienamente. Non lungi da essa, fermatisi coi loro capi in certa altura, e vedendo splendere un fuoco in mezzo alla città, pensarono che vi fosse entrato il nemico, e prestamente corsero a quella volta. Ma non avendovi trovato nessuno, credettero quello essere un segno d’intervento divino; e ben riflettuto al caso avvisaronsi che Lepte la grande in breve sarebbe stata ripopolata. Nè andò guari che recatosi a quelle parti l’esercito imperiale s’impadronì di Tripoli e di tutta l’Africa, debellati avendo i Vandali e i Mauri. Ma ritorno là d’onde il ragionamento partì.

Giustiniano in questa città fece bagni pubblici, fabbricò da’ fondamenti le mura, ed aggiunse ornamenti e comodi, quanti possono rendere il luogo degno di essere una bella città. I Gadabitani poi, barbari confinanti, che fino a questa età seguite aveano le antiche superstizioni greche, tanto eccitò, che con tutto l’animo si fecero cristiani; e cinta di mura Sabarata, l’adornò di nobilissima chiesa.

In questa estrema regione v’hanno due città, Tacapa, e Girgi, tra le quali è posta la Sirte minore. Ivi ogni giorno vedesi una meraviglia, ed è questa. Il mare stretto dai lidi in quella parte forma un seno lunato, secondo che dissi essere nella Sirte maggiore; e si versa sulla terra più di quanto possa in un giorno percorrere