Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/520

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cate le une alle altre: onde in tal modo resistendo agli assalitori difendevansi con dubbia speranza e con pericolo. E certamente la loro speranza era attaccata a un debil filo; e come dicesi, si sostenevano sopra una sola gamba, perciocchè quando i Mauri li assaltavano, i Vandali non si degnavano di dar loro il minimo soccorso. All’incontro quando Giustiniano Augusto ebbe richiamata l’Africa sotto la sua dominazione, avendo cinta quella città di fortissime mura, e provveduta di buon presidio, quegli abitanti liberò dalla paura di nemici di qualunque fatta, e li rendè ad ogni modo sicuri. Perciò anche oggi chiamano la loro città Giustiniana, così corrispondendo riconoscenti al principe che li ha conservati: null’altro avendo essi, null’altro desiderando egli in questa gara di beneficenza e di gratitudine.

Sul littorale bizaceno era un luogo detto dagli indigeni Caputuada. Colà parimente approdò l’armata dell’imperadore per invadere l’Africa nella spedizione che si fece contra Gelimero e i Vandali; ed ivi Dio mostrò la sua benignità verso l’Augusto con quel mirabil fatto, di cui parlai nella Storia delle Guerre. Imperciocchè essendo il paese secco, e l’esercito romano afflitto da carestia d’acqua, dalla terra sino a quel giorno stata aridissima, scaturì una fonte, dove i soldati piantavano i loro trinceramenti: perciocchè mentre essi scavavano il suolo, sgorgò fuori quella fonte, e la terra si spogliò del nativo squallore, e mutata natura si umettò di dolce acqua. Perciò ivi poi comodamente piantarono gli steccati; ivi passarono la notte; e il giorno seguente marciarono pronti alla battaglia, e, in una parola,