Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/108

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98 GUERRE GOTTICHE

a farle girare. Vi connette in fine coll’artifizio medesimo, le une appresso delle altre, e nuove barche e nuove macchine, le quali tutte messe in giro dall’impeto della corrente roteavano le sostenute mole, macinando il bisognevole alla popolazione. Se non che i nemici avutane pe’ disertori contezza demolironle col portare alla ripa del fiume grossi alberi ed i cadaveri de’ Romani di fresco uccisi, e col gittarli nella corrente, mercè di che il maggior loro numero trasportato a seconda del fiume intrà le barche, giunse a rendere vana, fracassandola, un’opera di tanto ingegno. Ma Belisario veduto il danno recatogli perfezionò il primo suo trovato col tirare da ripa a ripa per tutta la larghezza dell’alveo tiberino lunghe catene di ferro innanzi al ponte, nelle quali dando i solidi trascinati dal fiume accumulavansi nè potevan ire più oltre, ed allora genti destinate all’uopo traevanli incessantemente a terra. Nè il duce così provvedea soltanto in grazia de’ molini, ma eziandio perchè era in grande sospetto e timore non il nemico su di molti battelli riuscisse ad oltrepassare il ponte, ed a comparire improvviso nel mezzo di Roma. I Gotti da ultimo vedendo fallita la impresa loro ne deposero il pensiero, ed i Romani proseguirono a valersi di questi molini, dovendo tuttavia, colpa e difetto della grande penuria d’acqua, far senza dei bagni. Quanto è al bere non pativanne diffalta, conciossiachè ove le case eran lungi dal fiume, supplivasi co’ pozzi. Del resto Belisario potè ommettere ogni precauzione intorno alle cloache destinate a purgare la città dalle immondizie e spazzature, imperocchè esse venendo tutte a scaricarsi