Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/123

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LIBRO PRIMO 115

chiamandosi da loro così il serraglio in cui sogliono alimentare le belve non addimesticate. Vitige pertanto avendo in disparte approntato ogni maniera di macchine comandò ai Gotti di penetrarvi, nella persuasione che venutine al possesso avrebbero quindi conquistato a loro bell’agio anche il maggiore, conoscendone assai bene la poca fermezza. Belisario quando mirò trasforato il Vivario ed in molti luoghi investite le adiacenti mura impose alle truppe che non rispingessero il nemico, e lasciato un debolissimo presidio sui merli piglia seco il fiore dell’esercito, e fattolo armare di lorica ed imbrandire la sola spada ponelo in ordinanza presso della porta. Allorchè poi i Gotti bucato il muro entrarono nel Vivario, e’ di botto mandovvi contro Cipriano con altri pochi all’uopo di combatterli, ed in effetto costoro incutendo là entro gravissima paura, senza proprio danno uccidonne allo sterminio, essendo la fazione contraria ben lontana dal voler resistere, anzi trucidandosi a vicenda mercè l’angustia dell’uscita. Il duce imperiale non tosto vide per l’improvviso assalimento sconfitti i nemici e sciolta ogni ordinanza, chi qua chi là fuggendo, ordinò si aprisse di subito quella porta e feceli incalzare da tutte le truppe. I Gotti dimentichi dell’antico valore dove il caso guidali prendon via, ed i Romani, sempre mai agli omeri loro, quanti ne aggiungono tanti uccidonne col prontissimo ferro. Gran pezza durò la persecuzione, conciossiachè i barbari proceduti a sorprendere quel luogo avevano a molta distanza i campi. Quindi incendiate le ostili macchine per ordine di Be-

Procopio, tom. II. 8