Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/149

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LIBRO PRIMO 139

glio del vicino ponte a fine d’impedire che Roma, tolta a’ barbari la opportunità di trincerarsi di qua dal fiume Tevere, fosse di poi dall’una e dall’altra parte assediata. Neppure valicato il ponte pigliarono dalle spalle coloro che sull’opposto lido pugnavano contro Belisario: nè v’ha dubbio, a parer mio, che sì adoperando, i Gotti non sarebbonsi ostinati a resistere, ma, come meglio ognuno avesse avuto il destro, in un subito dati a precipitosa fuga. I Romani, che è peggio, addivenuti padroni del campo nemico volsero ogni loro premura al saccheggio, ed a portarne via le suppellettili di argento ed altre ricchezze di copia grande. I barbari in quel parapiglia di cose stettero fermi qualche tempo a rimirarli di su le alture; ma venuti alla per fine d’un solo pensiero scagliansi indragati con alte grida sopra que’ predatori, arrestano il tumultuosissimo depredamento delle robe loro, uccidonne molti e discacciano il resto. Chiunque incappovvi, se non ebbe all’istante morte, di buon grado gittato a terra il fardello abbandonossi alla fuga.

III. Al succedere di tali faccende nel campo di Nerone altro gottico esercito in vicinanza de’ suoi steccati e protetto dagli scudi ributtava coraggiosamente il nemico, e facevagli enorme strage d’uomini, enormissima poi di cavalli. Costretti pertanto ad abbandonare l’ordinanza ed i Romani feriti e quelli rimasi privi del cavallo, manifestossi nello schieramento loro, sin da prima ristretto, lo scarso numero de’ soldati, e la rilevantissima maggioranza delle gottiche forze. Laonde osservatala i barbari cavalieri del corno destro a furia corrono ad as-