Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/172

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162 GUERRE GOTTICHE

città; i primi sotto mentita apparenza e presunzione di fuggitivi, i secondi nel convincimento d’incalzare un vinto. Ma Belisario non sì tosto ebbe veduto inoltrare i persecutori apre la porta Flaminia, e dirige lor contro inaspettatamente le truppe. Alla via qui locata sovrastava uno de’ gottici campi, e per giugnervi era uopo superare un’erta di precipitoso e ben malagevole accesso. Di più tale de’ barbari, nerboruto di membra e con lorica indosso, vedendo avvicinarsi i Romani fa loro petto da solo, e chiama ad alta voce i compagni esortandoli ad occupare di subito quella stretta per difenderla seco. Mundila nonostante, uccidendolo, rendene vani i divisamenti, ed impedisce che altri de’ Gotti prenda a resistere da quel luogo. Gli imperiali quindi senza opposizione marciandovi sotto riescono agli steccati vicini, ma tentanne indarno l’assalto a motivo della forte posizion loro, avvegnachè non molto fosse il presidio lasciatovi alla difesa. E per verità oltre all’essere muniti di assai alta fossa, tutta la terra da questa cavata ed ammonticchiata sopra l’interno margine innalzavasi per guisa da fare le veci di muro; nè apportava minore spavento quel mirarli cinti di acutissimi e più che densi pali: da sì terribile propugnacolo adunque guarentite le guardie accanitamente contrastavanne il possesso all’assalitore. Aquilino allora, uno dei pavesai del condottiero ed uomo fortissimo, tenendo in briglia il cavallo spiccovvi un salto nel mezzo, apportandovi qualche morte. Nondimeno circondato poscia da que’ custodi, bersagliato dalle costoro frecce, e cadutogli per le ferite il destriero, ebbe pur l’animo