Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/173

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LIBRO SECONDO 163

d’aprirsi una via, e fuor il ogni aspettazione campato di là tutto pedestre tornossene colle sue truppe alla porta Pinciana, ove trovato ancora il nemico alle prese co’ nostri cominciò a farne scempio saettandoli dagli omeri.

III. In questa Traiano, spettatore della faccenda, alla testa de’ cavalieri là pronti, bramoso di farglisi aiutatore spronò alla sua volta. I Gotti pertanto ingannati dallo stratagemma guerresco, ed all’improvvista assaliti da tergo e da fronte venivano ignominiosamente uccisi: così dopo grande strage pochi di loro, abbandonate le mura, di nuovo retrocedettero negli steccati. Ora gli altri tenendo mal sicuri tutti i proprii campi, persuasi di vedersi quando che sia alle prese co’ Romani vi si rinchiusero entro non volendo più sapere di consimili provocamenti. Nel certame poi tale de’ barbari ferì di dardo Traiano al disopra dell’occhio destro presso del naso: ed il ferro internatovisi profondamente non lasciava di sè più traccia al di fuori quantunque fornito di grossa e lunga punta; la sua asta cadde in terra di botto, male aderendovi a mio credere il ferro: con tutto ciò il duce per nulla accortosi del colpo andava col primiero coraggio inseguendo con gravissima strage i nemici. Rispetto poi alla sua ferita, solo dopo il quinto anno e senza veruno aiuto dell’arte salutare comparve nel volto la punta del ferro, e già corre il terzo dalla sua comparsa che a poco a poco va ognor più discoprendosi; giova quindi sperare di vederla, dopo molti anni ancora, sprigionata del tutto, non avendo mai recato il minor incomodo