Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/193

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LIBRO SECONDO 183

coraggiosamente ebbero ed arrecarono altrui non poca strage. Imperciocchè volendo ciascheduno essere il primo a valicare il ponte, affoltatisi in angustissimo spazio v’incontrarono le più disastrose sciagure, avendo morte dalle armi proprie e da quelle della contraria fazione, senza ridire i molti che dal ponte cadevano giù nel Tevere; il resto precipitosamente raggiunse coloro che di già eran passati. In questa battaglia Longino isauro e Mundila, astati di Belisario, coprironsi di gloria, e l’ultimo potè cavarsela sano e salvo ucciso ch’ebbe quattro de’ barbari in singolar tenzone; ma l’altro, al cui valore soprattutto è uopo ascrivere la fuga de’ Gotti, vi giuntò la vita, lasciando grandissimo desiderio di sè alle armi romane.

CAPO XI.

Vitige presidia molti luoghi. Provvedimenti di Belisario in Arimino. — Il fortilizio Pietra espugnato dagli imperiali. Inobbedienza di Giovanni ad un comandamento del supremo duce.

I. Vitige ricalcando co’ rimasugli dell’esercito la via di Ravenna munì di presidio tutti i luoghi idonei, ponendo in Clusio1, città dei Toscani, il duce Gibimere con mille armati, ed altrettanti in Urbivento2, sotto gli ordini di Albila, uom de’ Gotti. In Tudera3 fe’ ri-

  1. Chiusi, sede una volta del re Porsena.
  2. Urbino, capitale del ducato dello stesso nome.
  3. Todi, nell’Umbria.