Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/211

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LIBRO SECONDO 201

stanza nell’Illirio; il rimanente disdegnando valicare il fiume Istro andò a stabilirsi nelle ultime terre del mondo. Questi comandati da molti di regale schiatta ottengono dagli Sclabeni il transito pe’ loro confini; camminata quindi una vasta solitudine giungono ai Varni; trascorrono poscia la Dania senza incontrare opposizione da quelle genti. Di là fattisi all’Oceano ed impresane la navigazione, afferrano a Tule1 e vi fermano lor dimora. Tule è isola amplissima, dieci volte maggiore della Britannia, dalla quale a lei corre gran tratto di mare, e ne guarda la plaga aquilonare. Il più delle sue terre è incolto, e dove esse forniscono l’uomo de’ bisogni della vita hannovi tredici numerose popolazioni sotto cotanti regi. Quivi ogni anno avviene singolarissimo portento, ed è che il sole verso l’estivo solstizio non vi tramonta per quaranta giorni, rimirandosi ognora durante siffatto periodo illuminarne la superficie. In cambio, dopo non meno di sei mesi ed all’avvicinarsi del vernile solstizio, va l’isola priva per altri quaranta giorni della presenza di lui, ed è avvolta in profonda notte: laonde i suoi abitatori trascorrono tutto questo intervallo di tempo in grandissimo cordoglio più non potendo accudire al commercio ed alle cotidiane loro faccende. A me non di meno, avvegnachè molto il bramassi, non fu dato mai di visitare quell’isola per es-

  1. Ora Islanda, isola del mare di Germania, e l’ultima conosciuta dai Romani nell’Oceano settentrionale. Le presenti geografiche cognizioni correggono quanto può avervi di favoloso in questa descrizione.