Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/25

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LIBRO PRIMO 17

tavia suo consiglio di non partirsi e di richiamare indietro la nave se fossele riuscita la uccisione dei tre, venendole meno con ciò ogni timore de’ nemici; che se poi taluno di loro campasse la morte, disperando allora affatto delle cose sue, ritrarrebbesi co’ proprj tesori ne’ cesarei dominj. Con questo scopo adunque si mandò la nave alla volta di Epidanno, ed afferratovi, i curatori del danaro compierono fedelmente gli ordini avuti. Ma non molto stante la regina, udita giusta i suoi desiderii la fine dei tre ribaldi, spedì avviso alla nave di retrocedere, e proseguendo a dimorare in Ravenna tenne con mano validissima lo scettro.


CAPO III.

Schiatta, costumi e risoluzione di Teodato. Ambasceria al romano Pontefice in Bizanzio. Giudizio di Procopio sulla religione. — Allo infermarsi d’Atalarico la genitrice, tenendosi mal sicura co’ Gotti, si vale ascosamente dell’opera di Alessandro per cedere a Giustiniano l’Italia. — Carteggio all’uopo tra’ due monarchi sotto coperta di scambievoli rimprocci. — Tornata dell’ambasceria in Bizanzio. L’imperatore manda Pietro in Italia.

I. Aveavi tra’ Gotti un Teodato figlio di Amalafrida sorella di Teuderico, uomo di età provetta, versato nella lingua latina e nella platonica filosofia, ma ignorantissimo dell’arte guerresca, pigro al sommo e d’avarizia enorme. Questi possedendo gran parte dell’agro toscano recava di continuo molestie ai confinanti proprietarj acciocchè si partissero, estimando infelicità l’a-

     Procopio, tom. II. 2