Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/58

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14 Nel secolo passato l'Italia fu teatro di continue guerre, delle quali, combattendosi fra piccioli eserciti, e non riuscendo a niuna conseguenza, pochissimo ha parlato la storia. Una di tali guerre fu quella di Castro, la quale però avrebbe potuto produrre grandi mutazioni negli stati. Odoardo Farnese, Duca di Parma, osò invadere lo stato pontificio con tremila cavalli. Entrato senza contesa, ebbe gran fatica ad uscirne salvo. Il Pontefice armato avrebbe potuto privarlo de’ suoi dominii, se la necessità di tener equilibrio nell'Italia non gli avesse procacciato difensori. Però la Repubblica Veneta, il gran duca di Toscana, e Francesco I, duca di Modena, si collegarono a favor del Farnese, dopo avere inutilmente tentato tutte le vie della pace. Seguirono alcune zuffe sul territorio Ferrarese, delle quali non si terrà gran conto nella storia militare. Fatto si è che i pontifizii, dopo alcuni piccioli vantaggi, invasero il Modonese. Il Duca si trovò con quattromila uomini soli. Forse dodicimila erano i nimici, condotti dal signor di Valencé e dal Mattei, sperimentati capitani, e di non ignobil fama. Posero assedio a Nonantola, che per sè stessa non si poteva difendere. Dava grandissimo animo alle milizie il cardinale Antonio Barberini, legato a latere. Il conte Raimondo fece sciogliere l’assedio, e venne a battaglia. È certo ch’ei fece dugento prigionieri, e trovo scritto che rimanessero sul campo ottocento morti; il che non oserei assicurare per vero. Certo è che i pontifizii fuggirono precipitosamente nelle terre ecclesiastiche. Il cardinale ebbe il cavallo ucciso. Pochi cardinali hanno avuto il coraggio di arrischiarsi tanto in un fatto d’arme, ma niuno è fuggito mai con la velocità del Barberini. La vittoria fu compiuta per ogni titolo, e non le mancò, siccome osserva uno scrittore contemporaneo assai giudiziosamente, che maggior